Caso Peng Shuai, l'Equipe si presta alla propaganda di Pechino
La tennista cinese dice per la prima volta a una testata internazionale che è stato tutto un malinteso. Ma i dubbi rimangono
In un hotel nella “bolla” Olimpica di Pechino 2022 è ricomparsa la tennista cinese Peng Shuai, che per la prima volta dopo mesi di silenzio dal caso #WhereIsPengShuai, Dov’è Peng Shuai, ha concesso un’intervista a una testata internazionale, il quotidiano francese L’Equipe. E’ tornata a parlare di quel post su Weibo che a novembre in pochi minuti aveva fatto il giro del mondo – e cancellato dalla stessa Peng mezz’ora dopo – in cui accusava l’ex vicepremier della Repubblica popolare cinese Zhang Gaoli di averla costretta a un rapporto sessuale. Sabato scorso aveva incontrato a cena nell’Olympic club anche il presidente del Comitato olimpico internazionale (Cio) Thomas Bach e l’ex presidente della Commissione atleti Kirsty Coventry. Nessun accenno alla vicenda né alcuna possibilità di un’inchiesta sul caso, “Kirsty Coventry e Peng Shuai hanno convenuto che sarebbero rimasti in contatto e tutti e tre hanno convenuto che qualsiasi ulteriore comunicazione sul contenuto dell’incontro sarebbe stata rilasciata alla discrezione di Peng”, questo è quanto riferisce il comunicato pubblicato dal Cio sull’incontro.
Peng Shuai ha poi smentito la sua denuncia all’Equipe: non sono mai sparita, non c’è stata nessuna aggressione, non parliamone più. Eppure al tempo era scomparsa dai social e dagli eventi pubblici per due settimane, i media di stato avevano iniziato a diffondere mail e foto molto ambigue della tennista e il suo nome era stato censurato da Weibo e su qualsiasi altra piattaforma cinese (e dove ancora oggi ogni discussione sulla tennista e su Zhang Gaoli è messa a tacere).
Anche l’intervista pubblicata ieri sul quotidiano francese suscita forti dubbi: è stata rilasciata a condizione che fosse condotta in cinese e pubblicata senza l’aggiunta di commenti. Il direttore di L’Equipe, Jérôme Cazadieu, ha spiegato a Europe 1 di aver accettato il principio di un’intervista “a condizione che (i membri del Comitato olimpico cinese) non chiedessero una correzione di bozza”, ma le domande erano state inviate in anticipo e l’intervista è stata interamente condotta sotto l’occhio vigile del capo dello staff del Comitato olimpico cinese Wang Kan. E’ tutto esagerato, perché tanta preoccupazione?, è la domanda che pone la tennista ai giornalisti francesi, ma che potrebbe esserle benissimo rigirata, considerando tutte le clausole con cui l’intervista è stata concessa.
La trentaseienne oltre ad aver annunciato l’intenzione di ritirarsi dal tennis ha detto: “Quel post ha dato origine a un enorme malinteso. Spero che il significato non venga più distorto e spero anche che non si aggiunga altro clamore su questa storia”. Quando le è stato chiesto perché avesse cancellato il post ha risposto: “Perché volevo”. Non ha quindi smentito di aver scritto lei il messaggio in cui, tra varie dichiarazioni, si leggeva: “Mi hai portata a casa tua e mi hai costretta ad avere un rapporto con te (…), non ho mai acconsentito quel pomeriggio e ho pianto tutto il tempo”.
Effettivamente le dichiarazioni di Peng all’Equipe suonano come se una testata internazionale si sia prestata al servizio della propaganda cinese: “In questo caso, il media francese L’Equipe, nel pubblicare questi ultimi commenti altamente controllati, è stato coinvolto tanto in un esercizio di propaganda quanto in un’‘intervista’”, si legge sulla Bbc. E non è l’unico: alla fine dell’intervista Peng ha esortato a non combinare sport e politica, la missione di questi Giochi di Pechino di cui si è fatto promotore nella cerimonia d’apertura lo stesso Bach. Inizialmente il presidente del Cio aveva però dichiarato supporto a Peng Shuai nel caso in cui avesse voluto aprire un’indagine nei confronti di Zhang, che non a caso prima di andare in pensione era a capo del gruppo che sovrintendeva la scommessa di Pechino per ospitare le Olimpiadi invernali del 2022. A oggi sembra quindi che abbia vinto la propaganda, anche sui media occidentali.
I conservatori inglesi