Quieta aria di guerra

Negli Emirati ci sono match Fifa e attacchi con droni e missili negli stessi giorni

Daniele Raineri

Due gruppi bombardano da fuori la zona di Abu Dhabi, entrambi trescano con l’Iran

Ieri il Chelsea, la squadra di calcio del campionato inglese, ha giocato contro l’al Hilal, una squadra saudita, nello stadio di Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti. In quella stessa area nello spazio di tre settimane ci sono stati tre attacchi con almeno quattro missili balistici e dieci droni esplosivi, che hanno preso di mira infrastrutture civili e basi militari. Per la prima volta negli ultimi vent’anni, le truppe americane nella base di al Dhafra, vicino alla città, hanno sparato missili Patriot in una situazione di combattimento, per intercettare i missili in arrivo dall’esterno – la minaccia ha costretto i soldati a correre nei bunker. Per la prima volta nella storia sono stati usati in una situazione di combattimento anche i missili del sistema Thaad, sempre per intercettare gli ordigni in arrivo. Si tratta di un sistema di difesa recente e molto sofisticato che gli americani hanno venduto agli emiratini per un miliardo di dollari. Un attacco è arrivato durante la visita ufficiale (e storica) del presidente israeliano Isaac Herzog e di sua moglie ad Abu Dhabi – gli Emirati sono stati i primi a firmare nel 2020 i cosiddetti Accordi di Abramo per normalizzare i rapporti con Israele. E’ la strana guerra arrivata negli Emirati, uno scalo internazionale affollato di turisti e uomini d’affari, con mille iniziative in corso che vanno dal culturale allo sportivo – come il match del Chelsea – che fino a oggi si era considerato al sicuro dagli sconvolgimenti e dalle aggressioni che accadono nel resto della regione. 

 

La zona di Abu Dhabi in particolare a partire dal 19 febbraio è diventata il bersaglio dei bombardamenti da lontano di due gruppi estremisti, ma il governo locale vuole mantenere l’impressione di tranquillità per non spaventare gli investitori e quindi tiene basso l’allarme, favorito anche dall’interesse scarso per quello che succede nel Golfo e dalla situazione in Ucraina. La procura di Abu Dhabi ha anche convocato le persone che hanno messo sui social video dei missili in arrivo e vuole procedere contro di loro perché “danno informazioni che dovrebbero restare riservate”. Il messaggio è: chi condivide sui social video dei razzi sarà trattato come un criminale. Dei due gruppi estremisti, uno è Ansar Allah, i partigiani di Dio (anche conosciuti come: ribelli Houthi), che dal 2014 controllano la maggior parte dello Yemen. L’altro è una fazione irachena che il 2 febbraio ha lanciato quattro droni contro gli Emirati e fa parte delle milizie che prendono ordini e finanziamenti dall’Iran. Ansar Allah bombarda Abu Dhabi per rappresaglia, perché ha appena subìto una sconfitta pesante da parte delle forze sostenute dagli Emirati che combattono in Yemen.

 

La fazione irachena bombarda Abu Dhabi come punizione perché accusa gli emiratini di avere interferito nelle elezioni in Iraq di ottobre, quelle che per le milizie più violente sono andate molto male. Entrambi i gruppi hanno motivazioni locali per agire e però fanno capo all’Iran, che li finanzia e li arma. Il collegamento non sfugge agli Emirati e lunedì la visita del presidente dell’Iran, Ebrahim Raisi, è saltata. L’Iran è specializzato in questa doppiezza politica: avere rapporti buoni sul piano ufficiale e usare le milizie irregolari per lanciare missili balistici e droni. Gli Stati Uniti hanno mandato negli Emirati alcuni caccia F-22, che dispongono di un sistema radar in grado di vedere con molta precisione missili e droni in arrivo, e anche la Francia ha mandato caccia Rafale, per rafforzare la sicurezza. Gli aerei emiratini in queste settimane hanno eliminato due gruppi di fuoco di Ansar Allah in Yemen subito dopo il lancio di missili: è una performance che molto probabilmente è possibile soltanto grazie all’aiuto discreto di alleati più avanzati. 

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)