La diplomazia inglese non si ferma davanti a Lavrov sprezzante
Il ministro degli Esteri russo umilia in diretta la collega britannica. Johnson ribadisce l’unità della Nato. La politica estera mostra bene anche un'altra spaccatura inglese: quella interna alla sinistra
Il governo britannico ieri si è diviso i compiti: il premier Boris Johnson è arrivato a Bruxelles al vertice della Nato per riaffermare l’unità degli alleati atlantici contro le minacce russe; il ministro degli Esteri, Liz Truss, è andata a Mosca a dire alla Russia che deve rispettare la sovranità dell’Ucraina e ritirare le truppe dai confini.
La prima missione era più semplice della prima già sulla carta, e infatti Liz Truss ha subìto quello che ormai tutti chiamano il “trattamento Lavrov”, l’ironia sprezzante del capo della diplomazia russa, Sergei Lavrov. “Se l’è mangiata in diretta”, ha commentato Lionel Barber, l’ex direttore del Financial Times. Lavrov ha detto che parlare con la Truss è “come un muto che parla con un sordo”, che la sua collega era arrivata “impreparata” e che tutte le minacce, i rimproveri e i moralismi che arrivano dal Regno Unito non sono catalogabili come un’azione diplomatica. Le ha anche fatto un’interrogazione di geografia (andata male per la Truss) e infine l’ha lasciata lì da sola, durante la conferenza stampa.
Poiché la ministra inglese è molto chiacchierata per i suoi metodi e anche perché ambisce a fare il premier, le polemiche si sono poi concentrate su di lei. Che comunque aveva detto ai russi di dialogare veramente, e di smetterla con le minacce all’Ucraina e con la retorica da Guerra fredda.
Lavrov, che è un maestro nel trasformare l’aggressività russa in una difesa necessaria contro la Nato e l’occidente, l’ha umiliata deliberatamente in pubblico. La Truss ne è uscita a pezzi, ma tifare per il ministro russo per screditarla fa, ancora una volta, il gioco dei russi.
A Bruxelles ci si vedeva tra amici, e anche se nel parlare dell’unità degli alleati Johnson ha dimenticato di citare Emmanuel Macron, il presidente francese (ha menzionato il cancelliere tedesco Olaf Scholz che pure fa discutere molto per la sua ambiguità), il messaggio è arrivato chiaro: il Regno Unito è disposto a raddoppiare le proprie truppe ai confini europei e ad aumentare il sostegno militare a Kiev, per essere tutti pronti a ogni eventualità. “Siamo nel momento più pericoloso”, ha detto Johnson in conferenza stampa con il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, ma gli alleati sono preparati e uniti. Stoltenberg ha detto di aver inviato una lettera a Lavrov per discutere delle preoccupazioni russe – una formula che terrorizza molti, perché le preoccupazioni russe sono in realtà condizioni per ridisegnare l’architettura della sicurezza della Nato e dell’Europa orientale, a cominciare dal congelamento di eventuali nuove adesioni alla Nato stessa.
A Bruxelles ieri c’era un altro leader politico britannico: il capo del Labour, Keir Starmer. Il viaggio aveva un duplice significato: il primo era quello di mostrare la compattezza del Regno Unito anche in questo momento in cui il capo dell’opposizione chiede le dimissioni del premier per via del partygate (è in buona compagnia); il secondo era marcare una linea netta di separazione con il recente passato del Labour. La Nato e il sistema di alleanze dell’ordine liberale non si discute, ha detto Starmer. Mentre lui a Bruxelles ribadiva la sua visione liberale della politica estera, il recente passato laburista, cioè l’ex leader Jeremy Corbyn, partecipava a un evento organizzato dai pacifisti di Stop the War Coalition. Il titolo: fermate la guerra in Ucraina, fermate l’espansionismo della Nato. Come Lavrov, insomma.
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