Finlandizzato a chi?
Le porte della Nato sono aperte, ma non per Kiev
La cattiva idea della neutralità ucraina per risolvere la crisi circola sempre di più tra le diplomazie Ue
Bruxelles. L’adesione dell’Ucraina alla Nato “non è nell’agenda”, ha detto ieri il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, lasciando intendere che l’allargamento dell’Alleanza atlantica sia solo un pretesto per Vladimir Putin. Ma nelle cerchie diplomatiche europee circola l’idea che l’uscita dalla crisi passi dalla “finlandizzazione” dell’Ucraina. Come la Finlandia durante la Guerra fredda, Kiev dovrebbe diventare neutrale.
L’Ucraina non è nella Nato, non ha fatto domanda di adesione e, anche se l’obiettivo strategico è stato inserito nel 2019 nella sua Costituzione, le possibilità che entri sono praticamente nulle. “Formalmente la Nato mantiene una politica delle porte aperte”, spiega al Foglio un diplomatico occidentale. Tuttavia “ci sono diversi stati membri della Nato che si opporrebbero all’ingresso dell’Ucraina”. La storia degli ultimi 14 anni ruota attorno a questa ambiguità. Nel 2008 a Bucarest i leader della Nato in una dichiarazione salutarono “le aspirazioni euro-atlantiche di Ucraina e Georgia per l’adesione alla Nato. Oggi siamo d’accordo che questi paesi diventeranno membri della Nato”. Ma nello stesso vertice gli stessi leader dissero “no” al “Piano d’azione per l’adesione” per Kiev e Tblisi. Da allora le cose non sono cambiate. In principio le porte della Nato sono aperte. Nei fatti l’Ucraina non può bussare. “E’ un po’ strano osservare che il governo russo stia mettendo al centro di grandi problematiche politiche qualcosa che in pratica non è all’ordine del giorno”, ha spiegato Scholz.
La neutralità dell’Ucraina sarebbe un modo per offrire a Putin una via d’uscita dall’escalation, salvando le apparenze di due princìpi chiave per l’occidente: la politica della porta aperta della Nato e il rispetto delle scelte sovrane sulle alleanze di sicurezza. Ma la “finlandizzazione” è un’espressione che fa inorridire in Finlandia come in Ucraina. Le storie dei due paesi sono molto diverse, ma la scelta della neutralità sarebbe comunque imposta dalla minaccia di Mosca. Per l’Ucraina ancor più che per la Finlandia, non sarebbe una decisione libera. Inoltre, la Finlandia pagò a caro prezzo il suo status particolare di paese neutrale con un’economia di mercato: l’allineamento della sua politica estera a quella del Cremlino. Per questo gli occidentali insistono nel dire che la neutralità dovrebbe essere una scelta sovrana dell’Ucraina e non un impegno assunto dall’Alleanza atlantica. Kiev sarebbe chiamata a uscire dall’ambiguità di Bucarest, dichiarando unilateralmente che non ha intenzione di entrare nella Nato. Ma per il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky equivarrebbe a una capitolazione e a un suicidio politico. L’appartenenza alla Nato “assicurerà la nostra sicurezza”, ha tagliato corto Zelensky ieri dopo l’incontro con Scholz. E’ uno dei paradossi della strategia di Putin per tenere lontana l’Alleanza atlantica. A forza di destabilizzazione o azioni militari russe, la popolazione ucraina è passata dall’essere contraria all’ingresso della Nato (il 51 per cento nel 2010) a essere molto favorevole (il 54 per cento nel 2021). Il più grande sponsor della Nato in Ucraina è stato Putin.