La lotta dei cyborg ucraini
Sette anni fa tra le macerie dell’aeroporto di Donetsk i soldati di Kiev riuscirono a resistere per 242 giorni contro i russi. Oggi quella battaglia è diventata il modello per vendere l’indipendenza a caro prezzo
Ancora una vittoria così e perderemo la guerra”, disse il perfido generale messicano Santa Anna contemplando a battaglia finita le rovine di Alamo, dove meno di duecento texani avevano resistito fino all’ultimo ai soldati messicani che erano almeno dieci volte il loro numero. La Alamo degli ucraini è l’aeroporto internazionale Sergey Prokofiev di Donetsk, nel Donbass, l’est del paese che nel 2014 è finito sotto il controllo dei separatisti filorussi. Nell’estate di quell’anno l’esercito ucraino si fa avanti per riprendersi il territorio e ci riuscirebbe senza problemi se non fosse che l’esercito russo si materializza al fianco dei separatisti per impedire la disfatta. Migliaia di soldati professionisti e soprattutto di mezzi militari e di artiglieria, che inchiodano l’esercito ucraino e salvano le Repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk – una finzione partorita da Vladimir Putin per creare un problema permanente al governo dell’Ucraina. L’aeroporto inaugurato appena due anni prima per gli Europei di calcio del 2012 è abbandonato e intatto tra le due linee del fronte: da una parte i soldati, dall’altra i filorussi e i russi. La spiegazione ufficiale sul sito in quei giorni dice soltanto che “i voli sono temporaneamente sospesi”. Non ha un’importanza strategica, anche se è in ottima posizione per tenere sotto il fuoco dei cannoni la città di Donetsk e i soldati di Kiev non lo vogliono perdere. Ha soprattutto un valore simbolico e per questo almeno venticinquemila separatisti spalleggiati da diecimila soldati mandati da Mosca decidono di far sloggiare gli ucraini.
I combattimenti sono così duri che alla fine si decide di tornare a negoziare. nascono gli accordi di Minsk II
La battaglia comincia alla fine di settembre e va avanti fino al 21 gennaio 2015. Diventa guerra urbana, quella dove ogni porta può nascondere un nemico e dove difensori e nemici si gettano granate da una stanza all’altra e un giorno si guadagnano venti metri e il giorno dopo se ne perdono cento. I combattimenti sono così duri e intensi che quando finiscono si decide di tornare a negoziare e nascono gli accordi di Minsk II, quelli che in questi giorni sono citati spesso. Gli assedianti sono un assortimento di milizie e di unità formate da volontari e mercenari ucraini che si sentono forti perché hanno capito che la Russia ha deciso di investire su quella campagna. Hanno nomi come battaglione Vostok, battaglione Sparta, battaglione Somalia e altro – i comandanti di Sparta e Somalia saranno assassinati, si pensa dai servizi russi, perché non si adeguavano alle istruzioni ma questo succederà soltanto dopo ed è, diciamo, un problema politico più che militare. I separatisti sono la faccia irregolare di una campagna gestita dall’esercito russo come una gigantesca esercitazione sul suolo ucraino. Alla fine del 2015, gli analisti stimano che il quarantasette per cento della forza combattente russa è passata nel Donbass – vuol dire che forze speciali, soldati e ufficiali della Russia sono mandati oltreconfine in rotazione continua ad assaggiare la guerra vera. Molti oggi sono negli stessi luoghi, pronti a ricevere l’ordine di invasione.
Gli analisti stimano che il quarantasette per cento della forza combattente russa è passato nel Donbass
Gli assedianti fanno breccia nel perimetro dell’aeroporto il 5 ottobre. Nei giorni precedenti hanno mollificato la resistenza dei soldati con parecchi colpi di artiglieria – uno colpisce con precisione un blindato e uccide sette ucraini – e razzi. Poi cominciano a guadagnare metro per metro e angolo dopo angolo. La pista, la torre di controllo, un paio di edifici di servizio, il vecchio terminale e soprattutto il nuovo terminal alto sette piani diventano il terreno di scontro. La parte russa tenta grandi assalti, la parte ucraina li respinge. Saltano le porte, i vetri, i tetti, gli hangar, l’asfalto della pista. Cannonate, colpi di mortaio, cecchini. L’aeroporto perde pezzi ogni giorno, si trasforma in un detrito, si annerisce. Quelli dentro sono sempre gli stessi e fanno turni per dormire sui pavimenti nei momenti di tranquillità. Anche loro hanno una milizia arrivata a dare manforte alle truppe: volontari di Pravy Sektor, l’estrema destra ucraina. Quelli fuori si danno il cambio, sono freschi e sono stupiti dalla resistenza degli assediati, li chiamano “i cyborg”, che è un termine preso dalla fantascienza per indicare gli esseri che per metà sono umani e per metà robot.
Si parla dell’aeroporto come della “Piccola Stalingrado”. Un riferimento chiaro a entrambe le parti ma spiazzante per i russi
A furia di assalti passano tre mesi. Dei sette piani del terminal nuovo ne restano in piedi soltanto tre. I russi sono riusciti a infiltrare la rete di passaggi sotterranei che collega gli edifici e che gli ucraini sfruttavano per passare da un punto all’altro senza esporsi. Gli spazi passano di mano parecchie volte, sono persi e riconquistati e persi di nuovo. Quando c’è tempo, si piazzano trappole esplosive per fare una sorpresa a chi verrà. A un certo punto gli assediati controllano soltanto il piano terra e il primo piano, mentre gli attaccanti hanno i sotterranei e i tetti. Ogni scala, ogni passaggio, ogni finestra è un’occasione per sorprendere e sparare agli altri. Il Los Angeles Times descrive la battaglia in corso e parla di “claustrofobico gioco del gatto con il topo”. Arriva gennaio. La temperatura passa molto più tempo sotto allo zero che sopra, il ghiaccio copre un paesaggio di macerie.
I cyborg riprendono parte dell’aeroporto, ma i separatisti recuperano terreno. Comincia una ritirata di corsa
Si parla dell’aeroporto come della “Piccola Stalingrado”, il furibondo assedio che i russi vinsero contro le truppe naziste – ed è un riferimento chiaro a entrambe le parti ma allo stesso tempo spiazzante. Russi e ucraini sono popoli imparentati, come è possibile che si stiano affrontando con questa violenza omicida fra i palazzi sventrati e le piste fuori uso? La torre di controllo, colpita e crivellata per tre mesi, crolla infine sulla pista. E’ il segnale che la battaglia sta per finire. I cyborg montano un contrattacco con tutte le forze rimaste e riprendono una buona parte dell’aeroporto – ormai chiamarlo così è una convenzione – tanto che alcuni media titolano sulla vittoria dell’Ucraina, ma si è trattato più che altro di un’operazione per soccorrere i feriti rimasti isolati. I separatisti attaccano di nuovo e recuperano il territorio perso. Le forze speciali russe minano il tetto del terminal e lo fanno saltare in aria sulla testa degli ucraini, ne uccidono cinquanta. Comincia una ritirata di corsa, chi può lo fa in modo organizzato e si copre le spalle, chi non può corre alla disperata, il resto viene catturato. Sono passati 242 giorni dall’inizio dell’assedio. Secondo l’Ucraina, le perdite degli assediati sono duecento, quelle dei filorussi ottocento. Gli altri dicono: soltanto 43 morti. Stabilire chi dica il vero è, al solito, difficile.
La battaglia per l’aeroporto di Donetsk diventa un modello strategico. Gli ucraini vorrebbero ragionare così: se per prendere un solo aeroporto vi abbiamo tenuti inchiodati tutto questo tempo e vi abbiamo inflitto così tante perdite, pensate a cosa succederebbe se tentaste di conquistare tutto il paese. Putin dovrebbe fare i conti con un numero di soldati russi così alto da perdere ogni appetito per la continuazione della guerra. Ma la premessa non detta è che gli ucraini potrebbero eguagliare la resistenza dei cyborg anche questa volta. E’ una premessa che nessuno ha voglia di verificare.