Sceneggiatura sfacciata

La contromossa di Putin è una crisi umanitaria artificiale nel Donbass

Daniele Raineri

Evacuazioni di massa ordinate dal Cremlino. I video usati per l'annuncio alla popolazione sono stati girati due giorni fa, quando era prevista l'invasione

In queste ore assistiamo allo spettacolo di una sceneggiata pericolosa organizzata dalla Russia al confine con l’Ucraina, nelle regioni separatiste di Donetsk e Lugansk. Per due giorni a partire da giovedì l’artiglieria dei miliziani filorussi ha bombardato con intensità e con una coordinazione mai viste prima tutta la linea del fronte – perché speravano di provocare una risposta da parte dell’esercito ucraino. Ma dall’altra parte l’ordine è di non reagire perché ogni colpo sparato in risposta contro i filorussi potrebbe essere preso a pretesto dai centodieci gruppi tattici di combattimento e centosessantamila soldati russi appena al di là del confine per cominciare l’invasione. Gli analisti dell’intelligence americana hanno calcolato che cento era il numero sufficiente a cominciare la guerra, quella soglia è stata superata due settimane fa e i satelliti che controllano la regione non hanno mai visto un dispiegamento di forze di quelle dimensioni. Poi, anche se la provocazione non ha funzionato, i leader delle due regioni separatiste hanno dato alla popolazione l’ordine di evacuazione in massa verso la Russia. Prima donne e bambini e poi tutti gli altri, come se fosse in corso una catastrofe.

 

Tre milioni e mezzo di persone si dovranno spostare in teoria oltre il confine per fuggire da un pericolo che però non c’è, non esiste, è uno spettro creato dalla propaganda. Il governo ucraino è stato chiaro in modo inequivocabile su questo punto e lo ha ripetuto a tutti i livelli: non vuole attaccare le zone filorusse per non creare un alibi all’aggressione da parte della Russia. E’ così dopo che da otto anni gli ucraini non hanno più tentato di riprendersi quelle zone – l’ultimo tentativo risale al 2014-2015 – il mondo dovrebbe credere al grido d’allarme dei separatisti: secondo loro Kiev vorrebbe aggredire le due regioni proprio adesso, mentre una quantità di truppe e mezzi corazzati russi tale che non si vedeva dalla Seconda guerra mondiale attende il segnale per invadere, ammassata a pochi chilometri.

 

Lo scopo dell’evacuazione di Donetsk e Lugansk davanti a un pericolo che non c’è è chiaro: creare un’impressione di emergenza, riempire i notiziari russi di immagini di gente in fuga che si ammassa verso la Russia – e se fugge vuol dire che corre via da una situazione grave – e alimentare il caos che serve al presidente Vladimir Putin per tornare in vantaggio dopo settimane di impasse. Il presidente russo aveva perso l’iniziativa, incalzato dalle informazioni d’intelligence che l’Amministrazione americana pubblica come se fosse un bollettino, con l’intento preciso di anticipare le mosse della Russia. 

 

Questa settimana gli americani avevano detto che i russi avevano scelto mercoledì come data per l’invasione e a quelli non era rimasto che fare il contrario, simulare una ritirata, annunciare la fine delle “esercitazioni” che secondo Mosca giustificano lo spostamento verso ovest di quel numero di truppe da ogni angolo della Russia. Ma il calo di tensione è durato poco e ieri la crisi è tornata in fretta verso una situazione di quasi-conflitto. Con l’evacuazione di massa in corso, la Russia può sostenere qualsiasi cosa – a partire da un intervento militare nel Donbass “per difendere la popolazione russofona”. E’ possibile anche che la crisi umanitaria artificiale serva per imporre al governo del presidente ucraino Volodymyr Zelensky il ritorno agli accordi di Minsk II, che molti ucraini considerano troppo svantaggiosi e sbilanciati e quindi vedono come una capitolazione alla pressione russa. Per alzare la tensione, ieri mentre le sirene squillavano a Donetsk è saltata in aria la jeep usata dal colonnello Denis Sinenkov, capo della Milizia popolare di Donetsk. Era parcheggiata, senza lui dentro. 

 

Le operazioni di evacuazione sembrano essere già coordinate in anticipo. Sono stati annunciati almeno due punti di raccolta per la popolazione in ogni centro abitato importante, file di autobus vuoti erano pronte, molte decisioni erano già state prese. Putin ha annunciato che ogni rifugiato riceverà diecimila rubli (poco più di cento euro) e le televisioni russe hanno mostrato i primi siti che ospiteranno i rifugiati del Donbass – uno era un hotel con lampadari di cristallo. I leader delle due regioni separatiste hanno annunciato l’evacuazione, ma i video degli annunci fatti dal leader di Lugansk, Leonid Pasechnik, e dal leader di Donetsk, Denis Pushilin,  secondo i metadati (i dati che accompagnano i video girati in digitale) sono di mercoledì 16: che era il giorno previsto per l’invasione. Forse è uno degli indizi colti in anticipo dall’intelligence americana? Oleky Matsuka, di Reporter senza frontiere, scrive che a Donetsk la gente non capisce l’ordine di evacuazione e gli dice: “Tutto è calmo. Non ci sono partenze o arrivi. Se uno non guardasse le notizie, non starebbe succedendo nulla. Ma perché hanno provocato il panico? Non capiamo tutte queste evacuazioni”.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)