La crisi con la Russia costringe la Germania a fare un salto nel futuro
Ostpolitik o Scholzpolitik? Le tensioni in Ucraina rafforzano l’Ue e la Nato e propongono alla leadership del cancelliere più osservato d’Europa una nuova sfida. Meno Ostpolitik, meno Schröder e più Europa
Ostpolitik o Scholzpolitik? Sul confine di guerra che divide la Russia dall’Ucraina, da qualche settimana a questa parte c’è un’altra partita geopolitica che si sta giocando e che riguarda qualcosa di persino più interessante rispetto ai rapporti che esistono in questo momento tra la Russia e la Nato e tra la Russia e l’Unione europea dall’altro lato. Quella partita ha a che fare con una sfida nella sfida che tocca direttamente il cuore della leadership del cancelliere più osservato d’Europa: Olaf Scholz.
Tra i paesi europei, la Germania è il paese che ha con la Russia i rapporti forse più affascinanti, o se vogliamo più complicati. La Germania, insieme con l’Italia, è lo stato europeo che dipende di più dal gas russo (il 32 per cento proviene dalla Russia), ma a differenza dell’Italia la Germania è legata a triplo filo con la Russia. C’entra la geopolitica, perché la Germania attraverso Nord Stream 1 è il principale cliente europeo di Gazprom. C’entra l’economia, perché il progetto Nord Stream 2, che punta a raddoppiare l’afflusso di gas russo in Europa, riguarda prima di tutto la Germania, dove terminerà il gasdotto. C’entra la politica, perché Nord Stream 2 (non amato dagli Stati Uniti) è stato approvato nel 2019 dal governo Merkel il cui ministro delle Finanze era lo stesso cancelliere di oggi. C’entra la socialdemocrazia perché il capo del comitato degli azionisti di Nord Stream è uno dei padrini politici di Olaf Scholz, ovvero Gerhard Schröder, ex cancelliere tedesco, oggi membro del cda del principale produttore di petrolio russo (Rosneft) e membro del cda della principale azienda energetica russa (Gazprom).
Oltre a tutto questo, a rendere ancora più interessante la traiettoria di Scholz è anche un elemento per così dire storico che riguarda i rapporti tra Russia e Germania e che è tutto contenuto in un’espressione nota: la Ostpolitik, l’idea che, in nome di una tradizionale distensione nei confronti del vecchio blocco sovietico, le grandi crisi geopolitiche non debbano influenzare i progetti di cooperazione economica tra Germania e Russia (il primo ok della Germania a Nord Stream 2, è avvenuto nel 2015, un anno dopo l’invasione della Russia nella Crimea).
In una prima fase, Scholz ha dato l’impressione di volere essere prudente rispetto alla crisi tra Ucraina e Russia, confermando il pragmatico bilanciamento tra valori e interessi che ha caratterizzato la stagione Merkel (Merkel parla russo, Putin parla tedesco), rinviando ogni dichiarazione su Nord Stream 2 e arrivando anche a non autorizzare (27 gennaio) il passaggio di alcuni pezzi di artiglieria tedeschi dall’Estonia all’Ucraina.
Poi, dopo l’incontro alla Casa Bianca con Joe Biden (7 febbraio), la svolta. Prima annuncia di essere disponibile a bloccare Nord Stream 2. Poi elenca una serie di preoccupazioni relative ai diritti umani in Russia nel corso di una conferenza stampa a Mosca con Vladimir Putin arrivando a dire, sul caso Navalny, che “le accuse mosse contro il principale oppositore del Cremlino sono incompatibili con lo stato di diritto”. Quindi saluta con soddisfazione un passaggio del discorso di reinsediamento del presidente della repubblica Frank-Walter Steinmeier, altro pezzo da novanta dell’Spd, che ha chiesto a Putin “di allentare il cappio attorno al collo dell’Ucraina”. E infine offre mano libera al suo ministro degli Esteri, Annalena Baerbock, dei Verdi, per lanciare messaggi ancora più netti sulla Russia: “Se si arrivasse a un’aggressione militare questa avrebbe massicce conseguenze per la Russia. Come Germania, siamo pronti a pagare un alto prezzo economico”.
La crisi tra Russia e Ucraina non ha solo compattato la Nato e l’Unione europea, come è stato visibile ieri a Monaco durante la Conferenza annuale sulla sicurezza, ma ha spinto la Germania a fare un passo in avanti storico: dalla Ostpolitik alla Scholzpolitik. La difesa dell’economia conta, certo, ma la difesa dell’Europa oggi conta ancora di più. Durerà?