La lezione della Crimea
Perché le sanzioni europee contro la Russia faranno poco male
L’Ue ha preparato un pacchetto di misure economiche per limitare progressivamente la capacità del governo di Mosca di raccogliere risorse in Europa. Ma Putin ha tratto insegnamento dalle precedenti crisi: i russi hanno ridotto negli anni la propria dipendenza dai mercati dei capitali esteri
Che cosa vuol dire esattamente impedire alla Russia l’accesso ai mercati finanziari occidentali? Sarà abbastanza per scoraggiare Putin dall’invadere l’Ucraina? L’Unione europea ha preparato un pacchetto di sanzioni economiche per limitare progressivamente la capacità del governo di Mosca di raccogliere capitali all’interno del circuito finanziario del Vecchio Continente. Pacchetto che, solo nell’ipotesi più estrema, potrebbe arrivare ad escludere Mosca dal sistema dei pagamenti internazionali denominato Swift. A questo si aggiungono le misure che tra il governo britannico e quello americano sono state adottate per colpire gli oligarchi russi e le banche che li finanziano.
È solo un primo assaggio, ma la sua efficacia dipende molto da che cosa ha imparato la Russia dalla crisi del 2014 con la Crimea che mise il paese in una situazione molto simile a quella di oggi. Chi ha dimestichezza con il funzionamento dei mercati finanziari, come Antonio Cesarano, capo delle strategie globali di Intermonte, spiega quello che potrebbe accadere. “In una prima fase sarà impedito al governo di Mosca di fare “funding”, cioè di raccogliere capitali, sul mercato secondario dei titoli di stato – dice Cesarano al Foglio - Questa contromisura farà male alla Russia solo se prolungata nel tempo. Se si limita a qualche mese, il governo di Putin non andrà incontro a grandi difficoltà perché dopo l’esperienza della Crimea è stata modificata la composizione delle riserve valutarie accumulando più oro e diminuendo il peso dei treasury. Vuol dire che i russi hanno fatto in modo di ridurre la propria dipendenza dai mercati dei capitali esteri. Ma se le sanzioni occidentali si spingessero oltre, impedendo per esempio, la negoziazione anche dei titoli corporate russi o sul mercato primario, la difficoltà per Mosca crescerebbe fino a diventare estrema se fosse impedito alle banche russe l’accesso al sistema dei pagamenti Swift. Ma attenzione, in quel caso anche l’Europa ne subirebbe il contraccolpo”.
Per Cesarano, dunque, il primo livello di sanzioni economiche da parte dell’Unione europea è praticamente sostenibile per la Russia. “A mio avviso, in questa fase possono fare molto più male le contromisure decise dal governo britannico contro gli oligarchi perché vanno a colpire il consenso di cui gode Putin nella ristretta cerchia di persone che lo appoggia e che in questi anni ha goduto i frutti di una politica economica che ha prediletto l’estrazione di petrolio, gas e materie prime”. Secondo un’analisi di Pictet, gruppo di investimenti globale con sede a Ginevra, proprio in seguito alle sanzioni per l’annessione della Crimea, la Russia ha intrapreso un percorso di rigore nella spesa pubblica e di controllo delle pressioni inflazionistiche tramite una politica monetaria ortodossa, che ha portato il paese a registrare un netto surplus nella posizione verso l’estero, in gran parte dovuta alle riserve detenute della banca centrale. Pictet stima che oggi queste riserve arrivino a valere circa 600 miliardi di dollari, pari al 40 per cento del pil, un livello molto più elevato di quelle europee (9 per cento del pil).
Inoltre, la gestione molto conservativa del budget pubblico permette di raggiungere la parità di bilancio con prezzi del petrolio già a 44 dollari al barile (oggi è quasi a 100 dollari). Infine, un altro elemento molto solido tra i fondamentali dell’economia russa è la quantità di debito di debito molto contenuta: il debito estero è pari al 32 per cento del pil, mentre il debito pubblico supera di poco il 17 per cento del pil come emerge dagli ultimi dati del Fondo monetario internazionale. Guardando questi numeri si capisce che l’aspetto più vulnerabile della Russia non è il suo bilancio economico, ma il suo interscambio commerciale con l’Europa. Ed è per questo che il mancato accesso al sistema Swift potrebbe avere un impatto doloroso. Ma attenzione, avverte l’Ispi, l’istituto per gli studi di politica internazionale, anche qui vale la lezione imparata dall’epoca della Crimea.
Quando l’Europa chiese che la Russia fosse disconnessa dal sistema dei pagamenti il presidente di allora, Dimitri Medvedev, disse che si trattava di una “dichiarazione di guerra” perché aveva stimato che il provvedimento avrebbe comportato una riduzione del pil del 5 per cento. Oggi la situazione appare diversa, osserva l’Ispi, perché la Russia ha sviluppato un suo sistema alternativo, che tuttavia non è ancora perfezionato, e potrebbe decidere di appoggiarsi sul sistema che nel frattempo ha promosso anche la Cina. “Inoltre – conclude Cesarano – impedire alle banche russe di servirsi di Swift potrebbe rivelarsi un boomerang per l’Europa, che ha un intenso interscambio con quell’area, molto di più degli Stati Uniti. Diciamo che Swift potrebbe potenzialmente rappresentare un punto di frizione nell’alleanza occidentale contro Putin".