La destra spagnola ha perso quattro anni, e pure Casado
La guida dei popolari passerà con tutta probabilità a Feijóo, che aveva fatto un passo indietro
Il Partito popolare spagnolo ha perso quattro anni. Infatti è pressoché certo che la guida del partito passerà da Pablo Casado al presidente della Galizia Alberto Núñez Feijóo, che si pensava avrebbe sostituito già nel 2018 il conterraneo Mariano Rajoy, ma che preferì poi rimanere un passo a lato. Allora Feijóo capì che una sua candidatura avrebbe rischiato di essere travolta dalla tentazione di rincorrere i volubili umori dell’elettorato a cui aveva ceduto quella parte del partito che, ormai da anni e senza dissimulazione, trattava l’ineffabile mezzofondista della politica Rajoy come un codardo e uno sfigato.
Infatti, nel 2018, nella competizione per la guida del partito prevalse l’allora trentasettenne Casado, un giovane falco cresciuto nel nido del falco-in-chief José María Aznar. E se Aznar, nella sua seconda vita da padre nobile, è molto più estremista di quanto non lo sia stato nella sua stagione governativa, Casado ha fatto il percorso inverso e da leader del Pp ha poi assunto posizioni più centriste, anche per contenere la gagliarda ascesa dell’estrema destra sovranista di Vox.
Ed ecco allora che il fiume carsico che divora le fondamenta del Pp – e nelle cui acque navigano dirigenti nazionali, capataz locali e influenti opinionisti d’area – è ritornato a scorrere in superficie. Così, mentre Casado cercava di guidare l’opposizione con juicio, la fronda interna incoronava come sua campionessa quella Isabel Díaz Ayuso che proprio lui, Casado, aveva pescato nella penombra delle retrovie per candidarla con successo alla presidenza della Regione di Madrid.
Dopo mesi di liti, la settimana scorsa, Casado si è convinto di aver trovato il bottone rosso premendo il quale avrebbe potuto vaporizzare la sua avversaria: la notizia di ambigui guadagni di Tomás Díaz Ayuso a margine della vendita di mascherine alla Regione di cui la sorella è presidente. E invece, anche se la questione delle mascherine rimane da chiarire, a vaporizzarsi è stato Casado, che nel partito era evidentemente molto fragile. Infatti, tutti nel Pp hanno chiesto le dimissioni sue (per aver gestito molto male la faccenda) e non quelle della Ayuso (che dovrà chiarire la sua posizione).
A trarne vantaggio non sarà però l’ala oltranzista. Il Pp si trova d’improvviso sull’orlo del burrone e tutti sono consapevoli che non c’è tempo per contese interne. Per questo, si dà per cosa fatta l’arrivo alla guida del Pp dell’uomo di Rajoy, l’esperto, quieto e vincente Feijóo.
Anche perché, forse con quattro anni di ritardo, si è fatta strada questa convinzione: per far fronte al populismo sovranista, che in Spagna è ancora in fase ascendente, e per rimanere il grande partito di centrodestra con ambizioni maggioritarie, al Pp non servono giovani leve wannabe-Trump (come la Ayuso) né falchetti poi trasformatisi in colombacci (come Casado), ma persone d’esperienza. Intanto, gli aznarian-ayusisti stanno a guardare. Masticando amaro e applaudendo, senza troppo pudore, il nobile e moderato discorso di commiato di Casado in Parlamento.
L'editoriale del direttore