piagnisteo sanzioni
I malumori dell'Ue per Draghi e per le cautele eccessive sulle sanzioni
I dati della Commissione europea mostrano che il vittimismo italiano è ingiustificato
Bruxelles. Il tweet di Volodymyr Zelensky contro Mario Draghi mostra la rabbia dell’Ucraina, mentre l’Unione europea non ha il coraggio di imporre sanzioni troppo dure per paura che facciano male anche a se stessa. La frustrazione è più forte nei confronti di Italia e Germania, che hanno ostacolato il consenso nell’Ue su un pacchetto di sanzioni più duro. Nelle lunghe trattative sulle misure restrittive – i negoziati sono in corso da gennaio, non solo dentro l’Ue, ma anche tra Bruxelles e Washington – Italia e Germania hanno difeso un approccio graduale invece che un unico pacchetto immediato di sanzioni.
Entrambe si sono opposte all’esclusione della Russia dal sistema di pagamenti internazionali Swift, perché comprometterebbe la capacità di pagare le forniture di gas e bloccherebbe gran parte del commercio bilaterale. Entrambe hanno rifiutato di colpire il settore del gas. L’Italia ha chiesto di escludere altri settori, come i beni di lusso o il materiale ferroviario. “L’Italia è riuscita con successo a tenere i beni di lusso fuori dal pacchetto di sanzioni e sta facendo ancora pressione contro l’inclusione in un futuro pacchetto”, spiega al Foglio un diplomatico europeo, commentando il tweet di Zelensky: “Questo solleva seri interrogativi nelle capitali europee se gli importi davvero qualcosa. Da Mister ‘whatever it takes’ a Mister ‘wathever’”. La frustrazione è condivisa da diversi paesi dell’Ue, in particolare quelli del nord e dell’est che sono pronti a subire un costo alto per far pagare un prezzo altissimo a Putin. Almeno dalla Germania è arrivata la decisione di sospendere Nord Stream 2. Dall’Italia, invece, sono arrivate richieste preventive di compensazioni per i danni provocati dalle sanzioni europee o dalle future controsanzioni di Putin. Con un paradosso: i dati smentiscono il fatto che a perderci più di tutti sia l’Italia.
La Commissione ha realizzato una valutazione di impatto delle diverse sanzioni dell’Ue. Una delle principali misure è il divieto di export dei prodotti e delle tecnologie a uso duale (civile e militare), compresi computer, telecomunicazioni, sensori laser e applicazioni marine. L’obiettivo è paralizzare lo sviluppo dell’industria militare e high tech in Russia. Secondo i documenti riservati della Commissione – che il Foglio ha potuto consultare – questa misura da sola vale circa 6,8 miliardi di esportazioni. Il fardello maggiore è a carico della Germania con 1,8 miliardi, seguita dai Paesi Bassi con 1,4 miliardi. Il costo per l’Italia è stimato a 292 milioni, più o meno lo stesso di Francia, Svezia e Lituania. Polonia e Repubblica ceca pagheranno un prezzo più alto (circa 600 milioni ciascuno). Nel settore energetico, l’Ue ha introdotto un divieto di esportazione di tecnologie necessarie alla Russia per rendere le sue raffinerie petrolifere compatibili con gli standard europei sulle emissioni. Anche se indirettamente, si colpiranno esportazioni russe che valgono circa 24 miliardi. Secondo le stime della Commissione, i paesi maggiormente colpiti sono Polonia, Ungheria, Grecia e Romania, cioè quelli che importano prodotti petroliferi raffinati dalla Russia.
La falsa narrazione sull’Italia principale vittima delle sanzioni dell’Ue è nata nel 2014, quando Putin impose un semi embargo sull’agricoltura per rispondere alle misure restrittive sulla Crimea e il Donbas. Il mito è stato cavalcato dalla Lega e dal Movimento 5 stelle, cui si sono accodati un po’ tutti. Quanto ci ha rimesso l’Italia? Meno di 170 milioni l’anno di esportazioni agricole (in gran parte dirottate verso altri paesi). E gli altri? La piccola Lituania 927 milioni, la Polonia 841 milioni, la Germania e i Paesi Bassi circa 500 milioni. Oggi l’impatto di controsanzioni dipende dai settori che Putin deciderà di colpire. L’Italia e la Germania sono molto esposte sul gas, ma lo sono di più diversi paesi dell’est che insistono per un approccio duro con Putin. In generale, dai dati Eurostat emerge che il peso della Russia per lo scambio di merci dell’Italia è di gran lunga inferiore a quello di altri paesi. Nella classifica delle esportazioni del 2020, la Germania è nettamente in testa con 23,2 miliardi, seguita da Polonia e Italia con 7,1 miliardi. Ma in termini relativi tutto cambia: la Russia rappresenta l’11,5 per cento delle esportazioni della Polonia verso paesi extra Ue contro il 3,4 per cento dell’Italia. La quota è molto più alta per la Lettonia (34,3 per cento) o la Lituania (30,4 per cento). Idem per l’import dalla Russia: Germania 19,6 miliardi, Paesi Bassi 13,4 miliardi, Polonia 10 miliardi, 9,3 miliardi. Ma la Russia per l’Italia rappresenta il 6 per cento delle importazioni dai paesi extra Ue, contro il 34,2 per cento della Finlandia, il 33,5 per cento dell’Estonia e il 30,9 per cento della Lituania. La conclusione che ne ha tratto la Commissione è che a soffrire di più per future controsanzioni russe non sarà l’Italia, che commercia in tutto il mondo. Visto il peso degli scambi rispetto al pil, saranno i paesi vicini alla Russia: Finlandia, Polonia e paesi baltici. Eppure è stata l’Italia a sollevare con più forza la questione delle compensazioni. “Non è il momento. C’è una guerra”, dice un funzionario dell’Ue. “Mi auguro che tutti siano pronti a sopportare le conseguenze che sono necessarie a fermare la guerra”, dice un altro diplomatico.
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