Una delle migliaia di famiglie ucraine in fuga dalla guerra al confine con la Romania (foto Ansa)

La lunga marcia degli ucraini lontano dalle bombe

Luca Gambardella

Quasi 200 mila persone hanno già varcato le frontiere verso Polonia, Ungheria, Romania. E nella piccola e fragile Moldavia, oltre al flusso di migranti, si teme per le truppe russe della Transnistria

Sono già quasi 200 mila le persone che sono fuggite dall’Ucraina. Le stime più ottimistiche sono state superate ad appena 36 ore dall’inizio dei combattimenti e l’Europa guarda con preoccupazione alla soglia psicologica del milione di profughi. Ma la cifra finale potrebbe davvero avvicinarsi ai 5 milioni, un numero che molte organizzazioni non governative avevano ipotizzato alla vigilia dei combattimenti.

  

 

I valichi con la Polonia, l’Ungheria, la Romania e la Moldavia sono stati presi d’assalto da migliaia e migliaia di persone nel giro di poche ore. Oltre 115 mila profughi hanno attraversato la frontiera polacca, ha detto il viceministro dell’Interno di Varsavia, Pawel Szefernaker. La coscrizione decisa dalle autorità ucraine di ogni maschio adulto in grado di usare le armi contro l’invasore russo ha fatto sì che siano soprattutto donne, anziani e bambini a cercare salvezza fuori dall’Ucraina, con auto, treni o a piedi. Le principali arterie autostradali che da Kiev si dirigono verso ovest sono congestionate. Alla frontiera, le autorità polacche identificano chi è in fuga e, riferiscono i funzionari dell’Unhcr, effettuano anche test anti Covid. Una volta varcato il confine, molti residenti polacchi offrono cibo e ospitalità ai profughi, tutt’altro che estranei in un paese che ha già aperto le porte a oltre un milione di ucraini negli ultimi anni.

 

Più a sud, in Romania, sono state oltre 10 mila le persone ad attraversare i confini. In Moldavia, si sono riversate altri 16 mila profughi. Numeri molto elevati considerato che si tratta di un paese di appena 2 milioni e mezzo di abitanti. Si teme che sia proprio questo pezzetto di terra che lambisce Odessa, uno dei centri più colpiti dai combattimenti di queste ore, il punto più fragile del cordone di paesi affacciati sull’Ucraina. La presidente Maia Sandu due giorni fa ha imposto lo stato di emergenza – che garantisce al governo l’autorità di allontanare dal paese persone considerate sospette – e ha garantito che i valichi di frontiera per gli ucraini restano aperti. A rendere precaria la situazione in Moldavia è anche e soprattutto l’aspetto della sicurezza. In Transnistria, da anni, è presente un contingente di 1.500 soldati russi che sorvegliano il più grande deposito di armi dell’est Europa, quello di Cobasna, ad appena due chilometri dal confine ucraino. Si tratta di munizioni e altri apparecchi bellici che risalgono all’èra sovietica e che, col passare degli anni, sono ormai inservibili ma sono materiale altamente pericoloso, la cui detonazione potrebbe generare un disastro di enormi dimensioni. Per questo, la Moldavia – sostenuta dalla Nato – ha più volte chiesto ai russi di distruggere l’arsenale e di lasciare il paese. Mosca però si è sempre  rifiutata, affermando che i suoi uomini in Transnistria altro non sono che una forza di peacekeeping.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.