Zelensky sveglia l'occidente e unisce gli ucraini

Micol Flammini

La Russia ordina un attacco da tutte le direzioni, ma l'esercito di Mosca, a corto di rifornimenti, rallenta di fronte alla resistenza ucraina. Secondo il Pentagono la caduta di Kyiv è inevitabile e il presidente ucraino dice a chi vuole portarlo in salvo: "Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio". I paesi europei e l'America lo ascoltano: si allineano su codice Swift e mandano armi

Kyiv resiste e l’avanzata dei russi sembra rallentare. L’Intelligence ucraina però ritiene che sia soltanto un cambio di strategia: l’esercito di Mosca sta passando dall’assalto ad azioni di sabotaggio. L’assalto non è riuscito dopo due giorni di combattimenti duri nella capitale, in cui i russi non hanno guadagnato vantaggi tattici o operativi, e adesso soldati e polizia ucraini hanno aumentato i controlli in città, il coprifuoco è stato esteso dalla 17 alle 8, per cercare e fermare eventuali sabotatori. Oltre ai tentativi di avanzare a Kyiv, elicotteri e carri armati russi stanno cercando di prendere l'aeroporto di Zhulyany nel sud della città, ma ancora senza risultati. Il Cremlino, che ha notato il rallentamento, ha detto che si è trattato soltanto di una pausa voluta dal presidente russo, Vladimir Putin, che avrebbe poi ordinato la ripresa dell’attacco dopo che l’Ucraina ha ignorato l’appello di Mosca a negoziare. Kyiv è stata la prima a proporre di trovare un accordo, l’amministrazione del presidente Volodymyr Zelensky ha infatti smentito di aver respinto l’ipotesi di negoziati con Mosca. 

Il rallentamento della Russia è stato notato anche dal Pentagono, che però crede che la caduta di Kyiv sia inevitabile e teme l’ordine del ministero della Difesa russo di “attaccare da tutte le direzioni”. Fino a venerdì soltanto un terzo delle forze russe ammassate lungo i confini stava combattendo e adesso sono più della metà. Di là della frontiera Mosca ha altri uomini e altri mezzi ben identificati dai satelliti, quindi anche se adesso avanza a fatica con l’obiettivo di circondare la capitale, secondo i calcoli americani, potrebbe avere il sopravvento anche solo per una questione numerica. Inoltre sta muovendo verso Kyiv anche le truppe che si stavano concentrando a sud. I russi non si aspettavano una resistenza così forte e capillare da parte degli ucraini che finora sono riusciti a proteggere tutte le città più importanti, non soltanto la capitale. La guerra costa a Mosca 20 miliardi di dollari al giorno, finora ha utilizzato più carburante e armi del previsto. Un video ha ripreso un blindato russo fermo in mezzo alla strada per aver esaurito il carburante, un passante ucraino si avvicina e domanda: “Serve un carro attrezzi per Mosca?”. I soldati, quasi non fossero nemici, rispondono ridendo. 

 

Si sa che Mosca si sta riorganizzando, mentre non è chiaro quanta forza e quante armi siano rimaste agli ucraini, che però ieri hanno fatto saltare in aria diversi nodi ferroviari che collegavano l'Ucraina alla Russia rendendo più difficili i rifornimenti per gli invasori. Il presidente Zelensky ha rifiutato l’offerta degli americani di essere portato via da Kyiv – temono per la sua incolumità, sanno che i russi, se dovessero prendere la capitale, cercheranno lui per primo – ha risposto: “Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio”. Mancano soldi, armi, medicinali e rifornimenti. La Russia dal primo giorno, secondo il ministero della Salute, ha preso di mira anche gli ospedali. Zelensky è riuscito a riunificare gli ucraini, ma anche gli occidentali che ormai hanno abbandonato gli indugi e sono pronti a sostenere l’Ucraina. Sono tutti allineati per l’esclusione della Russia dal sistema di pagamenti Swift – i polacchi sono riusciti a convincere anche l’ultimo restio: Viktor Orbán – e la Germania ha anche deciso di inviare 1.000 armi anticarro e 500 Stinger. Anche il Belgio, l’Estonia e l’Olanda manderanno altre armi. E l’America si prepara a sanzionare la banca centrale russa. 

 

I combattimenti proseguono a Kherson, Mykolaiv e Odessa a sud. A est invece si va avanti nelle aree di Sumy, Poltava e Mariupol’. Melitopol’ è invece la prima città a essere caduta in mano russa, senza che i soldati di Mosca abbiano incontrato resistenza. Il ministero della Difesa di Mosca ha fatto sapere che non ci sono state perdite da parte russa, lo scenario non è plausibile e gli ucraini hanno diffuso altri dati, parlano di oltre tremila soldati uccisi e 200 prigionieri. Molti dei militari fatti prigionieri sono molto giovani, Kyiv ha diffuso filmati in cui raccontano come siano stati mandati a combattere alla cieca, senza un piano tattico. La propaganda esiste da tutte e due le parti, ma in questo momento sembra che il più grande problema di Mosca, superiore militarmente, siano proprio i suoi uomini. Dopo aver interrogato molti prigionieri e aver notato la loro età, il ministero della Difesa ucraino ha lanciato una hotline speciale dal nome "Ritorna dall'Ucraina vivo" per i parenti dei soldati russi. Anche il ministro della Difesa lettone Artis Pabriks ha offerto asilo politico in occidente a tutti i soldati russi che deporranno le armi,

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)