la Convenzione di Montreux
Cosa succede tra la Turchia e la Russia nel Mar Nero
Ankara non ha risposto alla richiesta di Kyiv di chiudere gli stretti al passaggio delle navi da guerra russe. Il conflitto in Ucraina sta mostrando tutti i limiti della politica estera di Erdogan e la sua dipendenza da Mosca
Ankara non ha risposto ancora alla richiesta di Kyiv di chiudere gli Stretti turchi al passaggio delle navi da guerra russe dal Mediterraneo al Mar Nero. Un alto funzionario turco, da noi contattato, ha confermato, in condizione di anonimato, che l’amministrazione turca “non ha ancora deciso come applicare in questa crisi la Convenzione di Montreux”, il trattato del 1936 che assegna alla Turchia il potere di chiudere gli Stretti dei Dardanelli e del Bosforo ai paesi non rivieraschi secondo precise norme. Il trattato sul regime marittimo degli Stretti turchi e del Mar Nero, consente alla Turchia di impedire la navigazione alle navi da guerra di paesi belligeranti.
L'articolo 19 della Convenzione afferma che “in tempo di guerra, se la Turchia non è belligerante, le navi da guerra godranno di completa libertà di transito e navigazione, a condizione che nessun paese le sia ostile". L'articolo 20 invece dice che “se la Turchia è belligerante (…) il passaggio delle navi da guerra sarà lasciato interamente alla discrezione del governo turco”. L'articolo 21 dice che "se la Turchia si considera sotto imminente minaccia di guerra, avrà il diritto di applicare le disposizioni dell'articolo 20 della Convenzione". Il trattato prevede anche un limite di 15 mila tonnellate alle navi in transito in tempo di pace e un limite alla permanenza delle navi da guerra e dei sottomarini nel Mar Nero per più di 21 giorni.
Kyiv chiede da tempo ad Ankara di impedire alle navi da guerra russe di entrare nel Mar Nero dal Mediterraneo attraverso gli stretti del Dardanelli e del Bosforo, in eccezione di alcuni precisi articoli della Convenzione. Nel pomeriggio del 26 febbraio le principali agenzie internazionali battevano la notizia sull’accoglimento di Ankara della richiesta di Kyiv di chiudere gli Stretti, ma nel comunicato della presidenza della Repubblica turca questa decisione non veniva menzionata e anche il Cremlino sosteneva di non avere ricevuto alcuna comunicazione ufficiale in merito. Probabilmente tra Erdoğan e Zelensky vi è stato un difetto di comunicazione. L’equivoco sarebbe sorto quando, al termine di un loro colloquio telefonico, Zelenskyy aveva ringraziato via Twitter il presidente turco “per il forte sostegno” ricevuto e aveva precisato che “il divieto di passaggio di navi da guerra nel Mar Nero e il significativo supporto militare e umanitario per l’Ucraina erano estremamente preziosi” e che il suo paese non lo avrebbe mai dimenticato. Sta di fatto che da parte di Kyiv
non vi è stata alcuna rettifica in merito a tale dichiarazione e da parte di Ankara non vi è stata alcuna smentita.
Il fatto che Erdoğan non abbia ancora smentito la notizia lascia supporre che stia sondando le reazioni interne delle correnti eurasiste antioccidentali e anti Nato che guardano a est, con a capo alti ufficiali militari ed ex ammiragli che hanno non poca influenza nell’amministrazione turca, e quelle della Russia che aveva fatto già intendere che se il Trattato di Montreux fosse stato modificato, per Mosca ciò avrebbe costituito un "casus belli". Oltretutto, le navi che la Russia ha nel Mediterraneo provengono dai porti del Mar Nero e in quelle acque devono far ritorno. Circa un anno fa Erdoğan aveva messo in dubbio l’importanza del trattato sostenendo che si sarebbe potuto aggiornare dopo la costruzione di un canale artificiale parallelo al Bosforo (Kanal Istanbul), avvicinandosi in questo modo alla posizione americana che ha sempre spinto Ankara ad allentare le restrizioni al passaggio degli Stretti alle sue navi da guerra e ai suoi sottomarini. Mosca sostiene che la modifica della Convenzione di Montreux o il suo superamento farebbe tornerare al regime di quelle acque che vigeva nel 1913, quando l'Impero Ottomano poteva, a sua discrezione, far entrare o meno una nave di un paese non rivierasco nel Mar Nero. Questo fu uno dei motivi delle numerose guerre russo-turche.
Il portavoce del Partito della giustizia e lo sviluppo (AKP) al potere in Turchia, Ömer Çelik, ha dichiarato che la Turchia sta valutando tutti gli scenari che emergerebbero da una eventuale chiusura degli Stretti nel rispetto della Convenzione vigente. Ma la guerra in Ucraina sta mettendo in luce i limiti di Ankara in politica estera. La reazione della Turchia all’invasione russa si è principalmente limitata a una scontata denuncia. La risposta fin qui fornita da Ankara mostra la sua limitata capacità di svolgere un ruolo attivo nella crisi e sembra essere sempre più bloccata tra il martello russo e l'incudine Nato
Parlando al ritorno dal suo viaggio in Africa, prima del vertice di emergenza Nato del 23 febbraio, Erdoğan ha affermato che "non è possibile che la Turchia rinunci" alla sua cooperazione sia con l'Ucraina che con la Russia, escludendo di fatto anche ogni possibilità che si possa unire alle sanzioni occidentali contro Mosca. Ankara ha strette relazioni non solo con la Russia, ma anche con l’Ucraina. Al centro della partnership turco-ucraina nel settore militare vi è la coproduzione e fornitura di droni turchi a guida laser Bayraktar TB2 dei quali Kyiv produce i motori a turbina, micidiali armi da guerra aerea che hanno garantito il successo all’Azerbaigian nel conflitto contro l’Armenia in Nagorno-Karabakh, al governo di accordo nazionale in Libia nella difesa di Tripoli e in Siria e nord Iraq contro i curdi.
Con la Russia la Turchia ha relazioni che potremmo definire "cooperazione competitiva” e dipende da questo paese per il 40 per cento del suo fabbisogno di gas naturale. La Russia è prima al mondo per presenza di turisti in Turchia e ciò costituisce una preziosa entrata per l’industria turistica del paese. In Siria, Ankara dipende dal consenso di Mosca per esercitare il suo controllo sulle aeree occupate dopo le successive incursioni nel paese. La Russia controlla lo spazio aereo e tutto il resto. Ed è soprattutto la presenza della Russia a tenere insieme il fragile cessate il fuoco nel nord della Siria tra opposizione siriana, regime, Turchia e curdi-siriani. Ankara pagherebbe un prezzo enorme in Siria se la Russia si rivoltasse contro di essa per la sua posizione sull'Ucraina.
A Idlib, diversi milioni di siriani vivono in un rifugio gestito dall'opposizione sostenuta dalla Turchia. Questa parte del paese è vulnerabile a un'offensiva del regime e se la Russia dovesse approvarla almeno due milioni di siriani premerebbero sul confine turco e una nuova ondata di profughi in un paese che già ne ospita oltre quattro milioni sarebbe devastante per l’economia e il suo regime.