Lungo i confini

La Polonia sa quanto è vitale mediare per Kyiv

Micol Flammini

Il premier polacco ha convinto Orbán ad allinearsi sulle sanzioni contro la Russia. Varsavia ha un ruolo sempre più importante in questa crisi: manda armi, chiede l'ingresso dell'Ucraina nell'Ue, accoglie gli ucraini ed è pronta a giocare un ruolo strategico per la Nato

Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha detto che la Russia sta mandando una delegazione a Gomel’, Bielorussia, per negoziare con gli ucraini. Il presidente Volodymyr Zelensky ha risposto che Kyiv vuole mettere fine alla guerra ed è pronta a parlare ma non in un paese “da cui volano i missili”. Il presidente ucraino ha proposto di tenere i colloqui altrove: Varsavia, Bratislava, Budapest, Istanbul o Baku. 

 

Durante questa crisi la Polonia ha assunto un ruolo sempre più importante, in parte per la sua posizione, ma anche perché assieme alle tre repubbliche baltiche, è sempre stata dell'avviso che la Russia non abbia mai smesso di essere un pericolo per i paesi europei. Varsavia è il più grande membro della Nato tra i paesi a est dell’Ue, è sempre stata disposta a spendere molto per la Difesa – prevede di portare di portare il budget per la Difesa al 2,5 per cento del pil nel 2024, anziché nel 2030 – ed è stata la destinazione principale per le truppe americane che si sono spostate lungo il fronte orientale. Nei mesi che hanno preceduto l’attacco russo contro l’Ucraina, la Polonia ha cercato di dare un grande supporto a Kyiv: i suoi politici hanno fatto viaggi frequenti nella capitale ucraina per mostrare la loro solidarietà; hanno annunciato l’invio di armi e finalizzato un accordo tripartito di sicurezza per migliorare la cooperazione commerciale e di difesa con Ucraina e Regno Unito. 

 

Da quando è scoppiata la guerra, il primo ministro Mateusz Morawiecki ha cercato di sensibilizzare i suoi partner occidentali, ha detto che all’Ucraina ora spetta di diritto un posto nell’Unione europea perché sta difendendo i suoi confini. Il governo polacco ha anche deciso di mandare altre armi e altre munizioni e Morawiecki è anche riuscito a convincere Viktor Orbán ad allinearsi agli altri partner europei riguardo all’esclusione della Russia dal codice di pagamenti Swift. 

 

 

L’Ungheria e la Polonia hanno spesso agito insieme nelle loro battaglie contro l’Ue sullo stato di diritto, ma in questa occasione si sono comportate in modo molto diverso. Orbán vede Putin come un un partner e non come un pericoloso avversario, in questi anni ha coltivato i suoi rapporti con la Russia bloccando alcune risoluzioni europee contro Mosca. Ha deciso di utilizzare in Ungheria il vaccino russo Sputnik che l’Ema non ha mai approvato. E mentre i leader europei andavano a Mosca per cercare di trovare una soluzione diplomatica, lui andava da Putin ad assicurarsi contratti per il gas. 

 

La Polonia ora è preoccupata su due fronti: l'Ucraina e anche la Bielorussia. Sa bene che qualsiasi cosa accadrà in Ucraina avrà un forte impatto anche a Varsavia, e ha già  problemi con la Bielorussia, dove il dittatore Aljaksandr Lukashenka è uno stretto alleato di Putin che sa bene come utilizzare i suoi confini contro l’Ue. Combattere per l’Ucraina e per la democrazia in Ucraina per Varsavia è vitale, vuol dire avere lungo i suoi confini un alleato e non un rivale filorusso e vuol dire mantenere gli stretti rapporti economici che si sono sviluppati in questi anni: la Polonia è il secondo partner commerciale dell'Ucraina dopo la Cina. Varsavia avverte anche un grave mancanza di manodopera e in questi anni l’arrivo di lavoratori dall’Ucraina ha contribuito ad attutire il problema. 

Ora Varsavia si prepara ad accogliere circa un milione di rifugiati dall’Ucraina, ha predisposto centri di accoglienza e lascia passare chiunque abbia un qualsiasi documento di identità valido, da gennaio sono entrate in vigore nuove leggi che rendono più facile per gli ucraini ottenere la residenza temporanea. La Polonia per chi fugge da Kyiv è vista come un rifugio sicuro e molte città polacche hanno detto che non intendono porre limiti all’accoglienza.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)