Foto LaPresse / Olivier Matthys  

la nato è rinata 

Putin ha rafforzato l'Alleanza atlantica come non mai 

Andrea Gilli e Mauro Gilli

La narrativa secondo la quale il presidente russo sarebbe un fine stratega lascia qualche dubbio. Questi sembra infatti fare tutto il possibile per rafforzare il blocco occidentale

Il 22 gennaio il primo ministro finlandese, la giovane socialdemocratica, Sanna Marin escludeva che durante il suo mandato la Finlandia potesse fare domanda per entrare nella Nato. Un mese dopo, il 25 febbraio, l’ex-primo ministro finlandese (conservatore) Alexander Stubb su Twitter suggeriva invece che l’aggressività russa starebbe spingendo inevitabilmente la Finlandia verso l’Alleanza atlantica. Di sicuro ci possono essere differenze di politica interna tra le due posizioni, ma la domanda rimane lecita: la Russia di Putin sta indebolendo la Nato o ne sta rafforzando la centralità? Nel frattempo, il ministero degli Esteri russo, sempre via Twitter, ha letteralmente minacciato “gravi conseguenze” se ciò dovesse succedere.

 Per non sbagliarsi, la Finlandia aveva da poco acquistato di 64 F-35 Lightning II/Joint Strike Fighter, il caccia di quinta generazione prodotto dall’americana Lockheed Martin. Con poco meno di 6 milioni di abitanti, un decimo dell’Italia, la Finlandia avrà una flotta pari a circa due terzi di quella italiana. Il vantaggio dall’avere l’F-35? E’ il più avanzato aereo da combattimento al mondo che essendo stato comprato da Danimarca, Norvegia, Olanda, Belgio e Italia – oltre agli Usa – garantisce interoperabilità nella Nato, di cui la Finlandia resta partner


Una situazione simile riguarda la Svezia, il cui ingresso nella Nato torna regolarmente nel dibattito pubblico. Il governo svedese aveva escluso questo passo la scorsa settimana, anche se gli eventi stanno generando concitazione in tutte le capitali. Anche nel caso svedese le minacce russe non sono mai mancate: uno dei casi più eclatanti è stata la simulazione di un bombardamento nucleare su Stoccolma alcuni anni fa. Anche per questo motivo, la Svezia ha re-introdotto il servizio militare obbligatorio, e negli ultimi anni ha aumentato considerevolmente la sua spesa militare, cresciuta di quasi il 50 per cento tra il 2010 e il 2020. Non sappiamo se Svezia e Finlandia entreranno nella Nato: è un loro diritto decidere di entrarvi o di restarvi fuori. Di sicuro non è un diritto di Putin scegliere per loro. Resta il fatto che negli ultimi anni la cooperazione tra i partner come Svezia e Finlandia e la Nato è cresciuta: la loro partecipazione al meeting Nato di venerdì a livello di capi di stato e di governo ne è un’ulteriore conferma. D’altronde di fronte all’aggressività russa, e alle minacce esplicite che provengono da Mosca, ci sarebbe da stupirsi se i due paesi si allontanassero dall’Alleanza atlantica. 

 

Da questa breve panoramica emerge un aspetto interessante: la narrativa secondo la quale Vladimir Putin sarebbe un fine stratega lascia qualche dubbio. Questi sembra infatti fare tutto il possibile per rafforzare la Nato. La reazione tedesca all’invasione dell’Ucraina è eclatante: aumento della spesa militare di 100 miliardi di euro, probabile acquisto degli F-35 anche per ruolo nel nuclear-sharing agreement e colpo di grazia a Nord Stream 2. D’altronde anche il caso dell’Ucraina è comprensibile se guardiamo alla politica russa: nel 2014, Kiev voleva solo un accordo commerciale con l’Ue. La Russia reagì annettendo la Crimea e sponsorizzando un’occupazione e la guerra civile nel Donbass: il risultato è che se nel 2007 solo il 34 per cento degli ucraini vedeva favorevolmente la Nato, l’abile strategia di Putin ha portato questo sostegno pubblico al 53 per cento nel 2019.

 

La Nato dunque si allargherà ancora? La domanda è mal posta: la Nato non si allarga stricto sensu. I paesi che non sono membri fanno domanda per entrarvi e dopo un processo militare, amministrativo e politico, possono accedervi. E’ successo durante tutta la storia dell’Alleanza: d’altronde alleati quali Germania, Turchia o Spagna non sono tra i fondatori. Dopo la fine della Guerra fredda, quasi tutti i Paesi dell’ex-blocco sovietico (inclusa la Russia!) hanno fatto domanda per entrare nella Nato e questa domanda è stata accolta (nel caso della Russia il processo si è invece arenato).

In ogni caso, l’attacco della Russia all’Ucraina ha fatto invocare in coro l’articolo 4 del trattato di Washington (usato raramente), ha fatto attivare la Very High Readiness Joint Task Force e, soprattutto, ha portato a un’unanimità di intenti gli Alleati e i partner. Putin era partito pensando di scontrarsi solo con la “piccola” Ucraina e prenderla in 72 ore: in realtà, in quelle poche ore, è riuscito a creare un consenso all’interno della Nato, e tra la Nato l’Ue e i paesi che vi fanno parte che non si vedeva dagli attacchi dell’11 settembre. La domanda da porsi a questo punto è solo una: non solo come evitare che l’Ucraina venga ulteriormente martoriata, ma come uscire da questa crisi in cui Putin si è ficcato.


Andrea Gilli, senior Researcher Nato Defense College
Mauro Gilli, senior Researcher Politecnico di Zurigo
Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono quelle della Nato o del Nato  Defense College

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