La Cina non molla Mosca. Ecco l'asse putiniano globale

Giulia Pompili

Oggi l’Assemblea generale delle Nazioni Unite di New York, convocata d’urgenza ieri per discutere dell’attacco della Russia, voterà la risoluzione contro Mosca. Così si definiranno i confini del nuovo mondo

Capire la geografia del nuovo mondo, quello che si va creando dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, è stato facile anche per via dell’intensa settimana di impegni delle istituzioni internazionali. Oggi l’Assemblea generale delle Nazioni Unite di New York, convocata d’urgenza ieri per discutere dell’attacco della Russia, definirà i confini di questa nuova geografia quando si voterà l’adozione della Risoluzione contro Mosca. I rappresentanti dei paesi che l’hanno sostenuta, ieri nell’Aula del Palazzo di vetro hanno sostituito i segnaposto con una scritta in blu e giallo: “Today we are all Ukraine”. Il segretario generale dell’Onu, António Guterres,  ha detto che “la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina, entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti, devono essere rispettate”, e poi ha annunciato il piano da 1,6 miliardi di dollari per aiutare le persone che scappano dalla guerra. Nelle stesse ore Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri cinese, scriveva su Twitter: “Ogni vita è preziosa, ovunque e comunque. Si dovrebbe fare di più per evitare la perdita di vite umane in Ucraina. Ma nel frattempo non bisogna dimenticare quasi un milione di vite perse per il Covid e le 45 mila vittime della armi solo nell’ultimo anno in America”. 


Dal Sudamerica all’Africa fino all’Asia, gli amici della Russia esistono, e si era capito già qualche giorno fa. Il dibattito d’emergenza sull’invasione russa in Ucraina che ci sarà domani a Ginevra, dove l’altro ieri si è aperta la 49esima sessione regolare del Consiglio dei diritti umani dell’Onu, non lo volevano cinque paesi: la Federazione russa, naturalmente, ma anche il Venezuela, l’Eritrea, Cuba e la Cina. In particolare Pechino, che ieri ha pubblicato il suo “rapporto sulle violazioni dei diritti umani negli Stati Uniti nel 2021”, ha un’idea tutta sua di diritti umani che sono diversi a seconda del paese in cui si vive, e del governo che c’è. La conversazione telefonica che il ministro degli Esteri di Pechino ha avuto ieri con il suo omologo ucraino Dmytro Kuleba è stata interpretata dai media internazionali come un tentativo di entrare nei negoziati da parte della Cina, ma una lettura attenta smentisce la volontà cinese di andare davvero in aiuto dell’Ucraina. Nella versione in cinese del comunicato sulla telefonata, diffusa dal ministero degli Esteri di Pechino, si cita la parola “guerra”, che però scompare nella versione inglese. La Cina “vuole che Russia e Ucraina trovino una soluzione attraverso i negoziati”, ma mette la “violazione della sovranità del paese” allo stesso livello dell’espansione della Nato (come scritto anche nel comunicato congiunto tra Putin e Xi Jinping del 4 febbraio), ma soprattutto chiede all’Ucraina di dare un passaggio sicuro fuori dai suoi confini ai cittadini cinesi, circa seimila, che Pechino non era riuscita a far uscire dal paese per tempo, e stavano creando molto rumore sui social cinesi. 


Ma tra gli amici della Russia, al Consiglio dei diritti umani, ci sono anche i conniventi, quelli che non prendono posizione ma si astengono, fanno finta di non scegliere da che parte stare: il Kazakistan e l’Uzbekistan, tradizionalmente alleati di Mosca, e poi la Mauritania, la Namibia, il Senegal, la Somalia, il Sudan, il Camerun, il Gabon. Ma tra gli astenuti al Consiglio dei diritti umani ci sono anche il Pakistan – il primo ministro Imran Khan era a Mosca soltanto qualche giorno fa – e poi l’Armenia e gli Emirati Arabi Uniti. Ma soprattutto l’India, il gigante asiatico che non ha ancora condannato l’invasione russa dell’Ucraina, complice gli interessi di Delhi nei rapporti con Mosca. L’India, come  gli Emirati Arabi Uniti, si è astenuta anche dal voto di venerdì scorso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, convocato d’urgenza dopo l’attacco russo. Per il paese guidato dal primo ministro Narendra Modi, che negli ultimi anni ha usato molta diplomazia per entrare nelle partnership occidentali come il Quad, la più grave minaccia per i suoi interessi nazionali è la Cina, non la Russia. 


Nei rituali del multilateralismo, Ginevra è il luogo del coordinamento della parte umanitaria e anche sulla non proliferazione: ieri alla discussione ha partecipato con un videomessaggio il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, ma ad ascoltarlo erano in pochi: quando è arrivato il suo turno i rappresentanti di moltissimi paesi sono usciti dall’aula. 
 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.