Occhi sui Balcani

I fronti che preoccupano l'Ue oltre l'Ucraina

Micol Flammini

C'è il timore di un contagio e Bruxelles aumenta le forze di peacekeeping in Bosnia. Dopo i colloqui tra russi e ucraini, che hanno portato alla creazione di corridoi umanitari, in un nuovo discorso Putin dice che le richieste russe potrebbero aumentare

Alle Nazioni Unite, la Serbia ha votato a favore della risoluzione che condanna l’invasione russa dell’Ucraina, pur non concordando con alcune formulazioni. Qualcuno ha tirato un sospiro di sollievo, pensando che se addirittura un paese così vicino e amico di Mosca non è disposto a supportare la guerra e anzi è pronto a condannarla nonostante tutto, la Russia è sempre più isolata. Eppure le preoccupazioni dell’Europa si dividono tra l’Ucraina e i Balcani e c’è il timore di un nuovo conflitto in Bosnia Erzegovina che potrebbe avere l’obiettivo di dividere le forze occidentali su due fronti e di togliere l’attenzione dall’invasione russa dell’Ucraina. Da mesi il leader della Republika Srpska e quindi rappresentante serbo della presidenza a tre della Bosnia Erzegovina, Milorad Dodik, ha minacciato di creare un esercito serbo separatista e boicotta le istituzioni centrali costruite su un sistema di pesi e contrappesi scientifico. Gli attacchi alla stabilità del paese sono iniziati da quando è diventato sanzionabile chi nega il genocidio di Srebrenica del 1995 e da quel momento Dodik ha detto di rifiutare la divisione della Bosnia Erzegovina in due entità: la Federazione croato-bosniaca e la Republika Srpska. Le preoccupazioni sono molte, gli Stati Uniti hanno sanzionato Dodik che a gennaio ha invitato funzionari di Belgrado e anche rappresentanti russi alla festa per i trent’anni della fondazione della Republika Srpska, che si è trasformata in un sabba del nazionalismo. 

 

I Balcani sono un fronte complesso che preoccupa l’Europa da un po’ assieme alla Moldavia e alla Georgia, e adesso Bruxelles ha deciso di inviare 500 riserve di peacekeeping per rafforzare la missione Eufor in Bosnia Erzegovina  e  scongiurare nuove instabilità dopo l’invasione dell’Ucraina. Inoltre la Bosnia è uno dei paesi che vorrebbe entrare nella Nato e nell’Ue e lo scorso anno Mosca ha detto di essere pronta a prendere provvedimenti. Eufor  ha detto che l’invio delle truppe è precauzionale, ma ha aggiunto in un comunicato: “Il deterioramento della situazione della sicurezza a livello internazionale ha il potenziale per diffondere l’instabilità in Bosnia Erzegovina”. 

 

Riguardo all’ingresso nella Nato, Dodik ha detto già in passato che si sarebbe opposto, e sulla guerra in Ucraina ha detto che la Bosnia non dovrebbe schierarsi, ma non permetterà  sanzioni contro Mosca. Il presidente serbo, Aleksandar Vucic, molto legato a Dodik,  prima del voto alle Nazioni Unite aveva detto che la cosa principale in questo momento è evitare che la Serbia subisca conseguenze, ma che avrebbe espresso solidarietà nei confronti di Zelensky soltanto se il presidente ucraino avesse condannato apertamente il bombardamento della Serbia da parte della Nato. La Bosnia sta attraversando un periodo di destabilizzazione e si teme il rischio contagio che porti all’esplosione di una  crisi nei Balcani. 

 

Ieri il presidente russo, Vladimir Putin, è stato costretto per la prima volta a parlare dei soldati caduti durante la guerra. Ha detto che sono vittime dei fascisti ucraini che si nascondono dietro alla popolazione, ha chiesto di commemorare le vittime e ha parlato di risarcimenti per le famiglie. Non ha fatto passi indietro: ha solo reso la guerra più visibile agli occhi dei russi. E la fine, nonostante i colloqui di ieri tra ucraini e russi abbiano portato alla creazione di corridoi umanitari, sembra molto lontana: Putin ha minacciato che le richieste della Russia potrebbero anche ampliarsi. 
 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)