Putin ha mostrato qual è l'alternativa al sistema democratico e liberale
L’orgoglio dell’occidente che lotta unito per la libertà si ridimensiona di fronte a una domanda: qual è il confine tra deterrenza e impotenza?
Qual è il confine tra deterrenza e impotenza? Sulla stampa internazionale, diversi osservatori hanno dedicato molta attenzione a un fatto storico difficilmente negabile che giorno dopo giorno, dinanzi alla guerra combattuta dalla Russia in Ucraina, emerge con sempre maggiore chiarezza. Il fatto è più o meno questo: l’avanzata di Putin ha messo di fronte alle democrazie liberali qual è l’alternativa vera al sistema democratico e liberale. E le democrazie, oggi, si sono svegliate a tal punto da arrivare a scommettere esplicitamente sul regime change per riportare la libertà a Mosca.
Sul New York Times, David Brooks è arrivato a dire che l’occidente avrà per sempre un debito di riconoscenza con un paese, l’Ucraina, che in queste ore ci ha ricordato non solo come ci si sente a credere nella democrazia, nell’ordine liberale e nell’onore nazionale, ma anche che per difendere ciò in cui si crede occorre agire coraggiosamente. “C’è stata – ha scritto Brooks – una fede ristabilita nell’occidente, nel liberalismo, nella nostra comunità di nazioni. C’è stata così tanta divisione negli ultimi tempi, all’interno e tra le nazioni. Ma ora mi sveglio la mattina, prendo il telefono e sono contento che la Svezia stia fornendo aiuti militari all’Ucraina, e sono sbalordito dalla posizione del popolo tedesco. Ed è più che positivo il fatto che molte nazioni democratiche abbiano reagito all’atrocità con lo stesso senso di determinazione”.
Sul Financial Times, Francis Fukuyama ha notato che l’attuale crisi in Ucraina ha dimostrato che non possiamo dare per scontato l’attuale ordine mondiale liberale: “L’ordine liberale è qualcosa per cui dobbiamo lottare costantemente e che scomparirà nel momento in cui abbasseremo la guardia. I travagli del liberalismo non finiranno anche se Putin perderà. Perché la Cina resterà lì dietro le quinte, così come Iran, Venezuela, Cuba e lo stesso faranno i populisti nei paesi occidentali. Ma il mondo avrà imparato qual è il valore di un ordine mondiale liberale che non sopravviverà a meno che le persone non lottino per esso”. Anche il Wall Street Journal, affronta un punto simile notando che “la guerra della Russia contro l’Ucraina potrebbe ripristinare l’apprezzamento delle società occidentali per la libertà e la democrazia: due princìpi erosi per decenni dalle ideologie di sinistra e dalle mode filosofiche illiberali”.
L’idea che l’occidente, di fronte al dramma ucraino, si sia mosso in modo sorprendente, mostrando unità, compattezza, coesione per difendere una serie di princìpi non negoziabili della libertà, è un’idea che trasmette un grande e incoraggiante senso di fiducia rispetto al numero di anticorpi presenti nelle nostre democrazie ed è incoraggiante sapere, come ha detto ieri la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che di fronte alla prospettiva di un conflitto ancora molto lungo l’Unione europea “è pronta a nuove severe sanzioni, se Putin non si fermerà e non invertirà la rotta della guerra che ha scatenato”.
Ma allo stesso tempo l’idea che di fronte a un occidente che si unisce – e che mette insieme tutte le sue forze economiche per vincere una guerra – vi sia una controparte così poco intenzionata a fermarsi da essere disposta a coinvolgere all’interno della sua guerra la più grande centrale nucleare d’Europa porta inevitabilmente a ragionare su una sproporzione che esiste tra ciò che si dice (è in corso una guerra globale) e ciò che si fa (combattiamo con le sanzioni).
Il danno inflitto alla Russia di Putin è così pesante che Putin prima o poi lo pagherà, ed è questa la scommessa dell’Europa, della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, ma di fronte a un mondo che, come ha detto ieri l’ambasciatore degli Stati Uniti all’Onu, “ha evitato per poco una catastrofe nucleare la scorsa notte” viene da chiedersi fino a quando il mondo libero potrà tenere i suoi scarponi lontani dalla guerra di Putin. E la domanda resta sempre quella: qual è il confine tra deterrenza e impotenza?