Resistere in Ucraina
Una pace senza libertà sarebbe mortale come una libertà senza vita
No, non sarebbe meglio se gli ucraini si arrendessero. Solo una considerazione astratta può far pensare che l’essere umano consista solo dei beni materiali che gli rendono possibile o, addirittura, agevole l'esistenza
Non ci sono solo i professori universitari in tv a dire che in fondo sarebbe meglio che gli ucraini non opponessero resistenza. Ci sono anche tante persone comuni che lo sostengono perché nulla vale la pace nella quale si custodisce la vita, perché tanto le ragioni di un conflitto non sono mai chiare, perché le informazioni sono inattendibili o labili, perché in fondo anche gli americani hanno sempre fatto lo stesso, perché vai a sapere che cosa si nasconde dietro la resistenza di Zelensky o le dichiarazioni mutevoli di Putin o dei leader occidentali.
Proviamo a fare ordine e vediamo se, nel caos informativo e sentimentale che le immagini che arrivano dall’Ucraina generano, si riesce a capire la ragione di queste affermazioni. Tante di queste motivazioni sono errori logici. Che altri abbiano fatto di peggio o che Putin stia simpatico o antipatico, o che Zelensky abbia l’aria da arrivista o meno, non sono buone ragioni per giustificare o condannare l’aggressione armata a uno stato sovrano. Si tratta di una fallacia ad hominem, un ragionamento malfatto perché condotto sulla persona invece che sulla realtà in questione. Che non si sappia che cosa c’è dietro e, quindi, c’è sicuramente dietro X o Y è un errore di ragionamento ad ignorantiam: siccome non so, allora ho sicuramente ragione nel sostenere qualcosa che ho sempre pensato. Visto che a me sembra strano che uno come Zelensky possa opporre questa resistenza, allora sicuramente ciò accade perché dietro c’è un piano mondiale segreto. È l’errore su cui si basa tutto il complottismo che ragiona su ciò che non c’è e non su ciò che c’è.
Potremmo andare avanti, ma sotto gli errori logici ci sono delle concezioni: che sia inutile o ingiusto difendere il proprio paese invaso – l’Ucraina in questo caso – in nome della pace che garantisce di continuare a vivere è una considerazione che nasce da un pregiudizio sull’essere umano. Infatti, è solo una considerazione astratta che fa pensare che l’essere umano consista solo dei beni materiali che gli rendono possibile o, addirittura, agevole la vita. Per ciascuno ci sono sentimenti, legami con luoghi e persone, appartenenze, ideali politici, sociali e religiosi senza dei quali non si riesce a vivere. E’ questa capacità di relazione che fonda il diritto all’autodifesa delle persone e dei popoli. Quando si dice che non vale la pena battersi per tutto questo, in nome della concretezza della vita si sospende astrattamente l’esperienza di che cosa sia l’essere umano. Alle volte chi cerca l’assoluta concretezza diventa paradossalmente più astratto degli altri. E non è un caso che siano sovente gli accademici a distinguersi in questo esercizio: è un po’ il vizio del mestiere, spesso vicino al pregio di cercare strade nuove, inevitabilmente per astrazione.
Infine, a proposito di concretezza, forse bisogna guardare bene l’essere umano nel suo agire per capire ciò che diceva Vasilij Grossman, grande scrittore ucraino di lingua russa: la vita coincide con la libertà e non si possono mettere l’una contro l’altra. Non c’è vita senza libertà, adesione volontaria voluta amata a relazioni costitutive, e non c’è libertà senza vita. “Nel bagliore dei forni, sullo spiazzo del lager, capirono tutti che la vita è più della felicità, che è anche dolore. Che la libertà non è soltanto un bene. Che è difficile, la libertà, e a volte è persino amara: è la vita”. Una pace senza libertà sarebbe mortale come una libertà senza vita. Difendere in qualche modo l’una e l’altra è il compito difficile di tutte le società, e decidere quali gradi di riduzione dell’una e dell’altra si possono accettare è la drammatica scelta di valori e la responsabilità che stabilisce il volto di ogni persona, di ogni gruppo e di ogni società.