prima i profughi greci
L'oligarca russo Ivan Savvidis che salva (solo) gli ellenofoni di Mariupol'
Il magnate possiede un impero a Salonicco, è vicino a Putin ma si dichiara pronto a ospitare profughi nelle sue proprietà. Non si tratta di ucraini ma della comunità greca residente lungo il mar Nero
È lo zar russo di Salonicco, dove si aggira con la pistola facile e una guardia del corpo alta due metri per 165 chili di muscoli. Ivan Savvidis, come Abramovich col Chelsea, ha una squadra di calcio, il Paok, oltre a essere il maggior azionista della società che gestisce il porto del capoluogo della Grecia del nord con mire anche su quello di Alessandropoli, al confine con la Turchia. E pure lui ora rischia le sanzioni contro gli oligarchi vicini a Putin. Perché Savvidis, nato 62 anni fa a Santa nell’allora Georgia sovietica in una famiglia operaia di origine ellenica, vicino al Cremlino lo è davvero: fino al 2011 era deputato della Duma eletto nelle liste di Russia Unita, il partito del presidente. Poi, già arricchitosi con il commercio del tabacco russo, è sbarcato in Grecia. Nel giro di pochi anni ha comprato il quotidiano “Ethnos”, la tv Open, il 72 per cento delle azioni del porto di Salonicco tramite la sua Belterra Investments, considerata dall’ambasciata statunitense ad Atene la longa manus di Mosca nel Mediterraneo.
Il soprannome di Ivan il Terribile se l’è guadagnato sul campo di calcio. La sua foto con la pistola mentre invade il prato dello stadio Tumba di Salonicco, per minacciare l’arbitro che aveva osato annullare un gol del suo Paok contro l’Aek di Atene, ha fatto il giro del mondo. Era l’11 marzo 2018, ma solo una settimana fa, il 24 febbraio, i giudici greci l’hanno condannato a 25 mesi di carcere con la condizionale. Lo stesso giorno di un’altra invasione di campo, più immane e funesta: quella russa dell’Ucraina.
Che ne sarà ora dell’impero dell’oligarca in terra greca? Savvidis dal 2013 ha ricevuto la cittadinanza ellenica. “I suoi soldi sono al sicuro nei paradisi fiscali”, ha spiegato alle radio greche Charalambos Papapavagos, docente di Economia all’Università di Salonicco. Ivan, però, da qualche mese non si fa vedere in città. Dirige il suo impero da Rostov sul Don, nella Russia meridionale, dove vive la sua famiglia e dove è proprietario del gruppo Agrokom. Non ha abiurato la fedeltà a Putin: la sua foto con il presidente campeggia ancora nel suo sito web. Ma ha chiarito che è contro la guerra: “Sono dalla parte dei profughi”, ha dichiarato giorni fa, annunciando di volerli accogliere nelle 487 stanze del suo hotel di lusso Costas Pallas nella penisola calcidica.
Sì, ma quali profughi? Le migliaia di ucraini che cominciano ad arrivare alle frontiere dei Balcani? Non proprio: suoi graditi ospiti saranno solo i fuggiaschi della secolare comunità greca di Mariupol’ e dintorni, minoranza ellenofona che ha già visto nei giorni scorsi 12 suoi membri uccisi dai bombardamenti. Già un drappello di 21 macchine stipate di circa 80 fra donne e bambini guidati dal console greco di Mariupol’, Francisco Costellenu, ha raggiunto la Moldavia attraversando l’Ucraina in fiamme. Ma altri scapperanno dalla città assediata. “Faremo di tutto per proteggere i 150 mila greci di Mariupol”, ha assicurato il premier Mitsotakis.
Una comunità radicata nella città sul mare di Azov da più di due secoli, da quando la zarina Caterina la Grande ha fatto trasportare dalla Crimea i mercanti greci che vivevano sulle coste del mar Nero dai tempi di Omero, esentandoli da tasse e tributi. Con un compito preciso: fondare la nuova città portuale strategica per l’impero russo. Da allora, la minoranza è fra le poche ad avere resistito ai capovolgimenti della storia: mentre dopo la caduta dell’Unione sovietica le popolose comunità greche della Georgia e del Caucaso hanno via via affrontato la strada dell’emigrazione, quelli sul mare di Azov sono rimasti, anche perché non sono stati vittime di deportazioni durante l’era staliniana. Ma ora si sentono in pericolo.
Nel paesino di Sartana, alle porte di Mariupol’, ad esempio, su circa 10 mila abitanti più della metà sono ellenofoni. Proprio qui sono morti i dodici di origine greca compianti anche da un tweet del presidente francese Macron il 27 febbraio. “Sono state bombe russe ortodosse su inermi ortodossi”, ha denunciato il governo di Atene. A questa minoranza, l’oligarca Ivan Savvidis si sente vicino, perché anche la sua famiglia fa parte della secolare diaspora ellenica in terra slava. Ergersi a loro paladino basterà a salvarlo dalle sanzioni?