Guerra in Ucraina
I prigionieri russi ci dicono che Putin pensava a una guerra-lampo
Il presidente russo ci prova, ma la censura totale non c’è. Gli attacchi cyber e la realtà parallela scoppiata
Kyiv – “Russi, fate tutto il possibile per fermare questa guerra. Né l’Ucraina né la Russia ne hanno bisogno, solo Putin ne ha bisogno”. Ogni parola che esce dalla bocca a un prigioniero di guerra va presa con cautela, soprattutto se parla in una conferenza stampa organizzata dall’esercito nemico che lo ha appena catturato e davanti ai giornalisti del paese che lui e i suoi commilitoni hanno invaso. Ma quello che raccontano i nove soldati russi, davanti alle telecamere e a una platea semi deserta ad eccezione di qualche militare ucraino, fa effetto. Per due ragioni: la prima è che alcune informazioni interessanti sono credibili, nonostante tutto. Il tenente Dmitry Kovalensky ha detto di essere stato avvisato che quello che andava a fare non era un’esercitazione, e che avrebbe dovuto invadere l’Ucraina con il suo carro armato, soltanto la sera prima che Putin cominciasse questa guerra. Ha detto che non gli era stato permesso di spiegarlo ai suoi sottoposti, loro lo hanno capito solo una volta varcato il confine. La stessa cosa la raccontano molti altri russi catturati che, secondo l’intelligence militare ucraina, sono 245 nei primi dodici giorni di guerra. Si tratta di un’informazione che non proviene solo dagli interrogatori e dalla conferenza stampa, era filtrata anche da alcuni report delle agenzie d’intelligence occidentali che avevano intercettato le comunicazioni dei russi.
È importante perché aiuta a capire come la logistica (dai semicingolati impantanati nel terreno che si sfalda alle scorte di carburante e di cibo che scarseggiano) sia solo una parte del problema: non è una guerra-lampo anche perché alcuni di quelli che la devono combattere non sapevano neppure dove stessero andando. L’impreparazione si riflette sulla psicologia dei soldati e questo ha delle conseguenze pratiche. Kovalensky stava marciando verso Sumy quando è stato colpito dai droni e dai missili anticarro. A questo punto fa una pausa e poi descrive con minuzia il momento in cui “la mia intera colonna è bruciata”. Il suo collega Dmitry Astakhov dice che i russi hanno torto su tutta la linea e che i superiori gli avevano raccontato di un’occupazione nazista dell’Ucraina che non esiste. Altri soldati hanno detto che non vogliono mai più mettere piede in Russia, che temono per le proprie famiglie e si augurano che i loro concittadini fermino questa follia.
È un racconto potente: la seconda funzione della conferenza stampa prescinde dalla credibilità delle singole informazioni (probabilmente in parte oneste e in parte estorte) e riguarda l’impatto che le parole dei prigionieri possono avere sul morale dei soldati nemici e anche sull’opinione pubblica russa. Nonostante tutti gli sforzi di Mosca, imporre una censura totale nel 2022 è impossibile, soprattutto se i migliori gruppi hacker indipendenti del pianeta sono concentrati sull’unico obiettivo di dare fastidio a Putin. Anonymous e altri collettivi cyber hanno attaccato i canali d’informazione russi e per qualche decina di minuti sono riusciti a imporre un palinsesto di notizie sulla guerra vietate dal Cremlino. I russi non sono completamente sigillati in una bolla di propaganda e isolati dal resto del mondo e un amministratore locale siberiano, Sergei Tsivilyov, è stato contestato mentre teneva un discorso ai poliziotti antisommossa della sua città. Loro avevano appena scoperto dove fossero finiti i loro compagni spediti in una missione di addestramento: erano morti o erano stati catturati in Ucraina.