(foto EPA)

Cosa si dicono (e perché ci mettono tanto) Macron e Putin en ligne

Mauro Zanon

Il presidente francese intrattiene lunghe conversazioni telefoniche con l'autocrate russo. In cui non trova spazio solo la diplomazia ma anche umori personali e tentativi di manipolazione

Parigi. Si danno del tu Emmanuel Macron e Vladimir Putin durante le loro conversazioni telefoniche, sempre più ricorrenti negli ultimi tempi. La linea superprotetta che collega Parigi a Mosca è stata attivata quattordici volte da inizio dicembre, quattro dall’esplosione della guerra in Ucraina, ma i toni non sono gli stessi di quando l’inquilino dell’Eliseo accoglieva il capo del Cremlino a Versailles, all’inizio del mandato. Oggi il loro rapporto è più ruvido a causa dell’inaffidabilità di Putin, della sua propensione alla manipolazione e alla dissimulazione che richiede un certo talento ermeneutico. “Putin promette una cosa e poi si affretta a stracciarla, a calpestarla. Bisogna saper leggere e comprendere ogni parola che pronuncia. E’ un’arte estremamente difficile perché è indecifrabile”, dice Anne Genetet, deputata della République en marche. 

Macron è  l’unico capo di stato occidentale cui il presidente russo “concede” quasi due ore della sua attenzione, come l’ultima chiamata, domenica, in cui Putin ha ribadito la sua determinazione a raggiungere tutti gli obiettivi prefissati, o con le trattative o con la guerra. “Ogni volta c’è la stessa procedura”, ha raccontato ieri il Figaro in un approfondimento dedicato ai segreti della linea privilegiata Eliseo-Cremlino. Il primo contatto avviene tra i consiglieri diplomatici dei due capi di stato. In seguito, le rispettive segreterie fissano l’appuntamento nell’agenda. E all’orario prescelto, l’antenna speciale dell’Eliseo si collega con la struttura tecnica del Cremlino per allestire la chiamata su una linea securizzata. “Monsieur le président, le Kremlin est en ligne”, avverte una voce. La conversazione ha inizio. “A Parigi sono sempre le stesse due traduttrici che si susseguono. Con in testa la cronologia delle discussioni tra Emmanuel Macron e Vladimir Putin, assicurano la fluidità del dialogo. E soprattutto la sua precisione. Alla luce della posta in gioco, ogni parola conta e la minima incomprensione può avere delle conseguenze drammatiche”, scrive il Figaro. 

Per questo motivo, se talvolta Macron si arrischia a salutare Putin in russo, e quest’ultimo risponde nella lingua di Molière, il resto del colloquio è invece nelle rispettive lingue madri. Gran parte del dialogo si svolge rispettando il linguaggio codificato dell’alta diplomazia, ma i toni possono anche accendersi. Come quando Macron ha detto a Putin: “Stai commettendo un grosso errore: l’Ucraina non è un regime nazista, è una menzogna”. Le telefonate del presidente francese sono uno strumento per fare pressione sul capo dello stato russo, per mantenere quel filo sottile e pericolosamente fragile da cui può dipendere la pace. “Non è un dialogo facile”, assicura l’Eliseo, ma “bisogna rimanere in contatto per evitare il peggio”. 

A forza di incontri e telefonate, Macron ha imparato a intercettare gli umori e le intenzioni di Putin dietro il suo discorso paranoico. “Ho semplicemente capito alcune sue spinte interiori, che sono culturali, storiche e legate al risentimento degli ultimi trent’anni”, ha detto Macron a inizio febbraio, prima del suo incontro con Putin al Cremlino. Secondo quanto riferito a 20Minutes da Olivier Mas, ex agente dalla Dgse, l’intelligence esterna di Parigi, l’inquilino dell’Eliseo si intratterrebbe tutti i giorni con il capo dei servizi: “Quando Emmanuel Macron parla con Vladimir Putin, che è un giocatore di scacchi e manipola l’informazione, è molto importante per lui avere informazioni affidabili per non farsi fregare”. 

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