il colloquio
Ecco il prezzo della compiacenza con Putin. Intervista a Kauffmann
Due choc hanno creato un nuovo mondo, che non è temporaneo dice l'editorialista del Monde. E per aiutare l'Ucraina l’unica soluzione, attualmente, "è quella di inviare armi, visto che la strada diplomatica non è percorribile con il presidente russo"
Parigi. “L’Europa si farà attraverso le crisi, e sarà costituita dalla sommatoria delle soluzioni che saranno date a queste crisi”, diceva nel 1976 Jean Monnet, uno dei padri fondatori dell’Unione europea. Con la crisi in Ucraina, dopo quella sanitaria, ne stiamo avendo ulteriore conferma, secondo Sylvie Kauffmann, editorialista del Monde e tra le massime esperte francesi di relazioni internazionali. “Dalla tragedia ucraina, sta nascendo una nuova Europa”, dice al Foglio Kauffmann: “E’ un processo in corso, non è un’evoluzione lineare. Ci saranno momenti di pausa, di dibattito, ma penso che questa guerra stia facendo emergere una nuova coscienza europea, che fa seguito alla reazione coordinata dell’Europa contro la pandemia di Covid-19”. Per l’Europa è iniziata “una nuova èra”, come hanno detto anche Emmanuel Macron e Olaf Scholz.
E’ caduta l’idea della temporaneità emergenziale, non si torna più indietro. “Dinanzi al Covid-19, c’è stata una forte presa di coscienza della nostra dipendenza nei confronti dell’Asia per quanto riguarda il materiale sanitario e della nostra impreparazione. E ci si è resi conto che la crisi economica provocata dalla pandemia poteva essere affrontata solo se si univano le forze: il risultato è stato un ambizioso piano di rilancio e un debito comune europeo”, dice al Foglio l’editorialista del Monde. Con la crisi in Ucraina, l’Europa ha subìto due choc, secondo Sylvie Kauffmann. “Lo choc della guerra, anzitutto. Eravamo convinti che non ci sarebbero più stati conflitti di questo tipo sul continente europeo, ossia conflitti scatenati da una potenza nucleare come la Russia, membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ha invaso l’Ucraina con i carri armati. Pensavamo di aver fatto quello che bisognava fare per scongiurarli, ossia creare l’Unione europea, convinti che potesse bastare come protezione. Il secondo choc è la cattiva gestione di Putin. Da una parte gli europei si sono divisi tra loro, dall’altra c’è stata troppa compiacenza nei confronti del capo del Cremlino. Abbiamo chiuso gli occhi dinanzi alle sue precedenti aggressioni. Non abbiamo reagito in maniera sufficientemente dura in Georgia nel 2008, di fronte all’annessione della Crimea nel 2014, all’offensiva nel Donbas e all’abbattimento del volo Malaysia Airlines 17. Non abbiamo ancora fatto il nostro esame di coscienza su Putin”.
Nel maggio del 2020, in riferimento al Recovery fund, l’allora ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, parlò di “momento hamiltoniano” per l’Europa. Secondo Sylvie Kauffmann, “ce ne sarà un altro” come conseguenza di questa guerra, “perché lo choc economico sarà molto pesante e non ce ne rendiamo ancora conto. O meglio: i dirigenti europei ne sono consapevoli, le opinioni pubbliche non ancora”. I primi segnali sono arrivati da Versailles, in occasione del summit di giovedì e venerdì tra i 27 capi di stato e di governo europei. “Ma ci vorrà tempo”, sottolinea l’editorialista del Monde, “come per l’accordo sul Recovery fund che non è certo stato raggiunto dalla sera alla mattina”.
La no fly zone in Ucraina, come risposta occidentale alla Russia, “sancirebbe il nostro ingresso in guerra. Dunque prima di prendere una tale decisione, bisogna valutare adeguatamente tutte le conseguenze che ne potrebbero derivare. A mio avviso, non siamo ancora pronti a intraprendere tale via”, dice Kauffmann, prima di concludere: “L’unica soluzione, attualmente, è quella di aiutare l’Ucraina inviando armi, visto che la strada diplomatica non è percorribile con Putin. Lo abbiamo visto con Macron, che probabilmente ha sopravvalutato la sua capacità di seduzione e di persuasione”.