I droni e i conflitti moderni
Pensare di poter combattere solo con flotte di droni è abbastanza improbabile: le fondamenta del potere militare non sono mutate. I limiti russi dietro l’efficacia dei Bayraktar ucraini
Come successo durante altre campagne militari, anche nella guerra in Ucraina i droni stanno attraendo molta attenzione. Video di mezzi corazzati russi colpiti dai droni ucraini, principalmente i Bayraktar TB2 di produzione turca, confermerebbero la narrativa sulla loro portata rivoluzionaria. Secondo molti esperti e analisti, i droni sarebbero piattaforme in grado di dare enormi vantaggi tattico-operativi e addirittura di alterare la natura dei conflitti moderni. Ne abbiamo già parlato su queste pagine: riassumevamo una nostra ricerca accademica pubblicata sulla rivista “Security Studies” nella quale sottolineavamo come usare e produrre droni fosse tutt’altro che facile e, soprattutto, come la loro diffusione difficilmente avrebbe indebolito la supremazia militare occidentale. I paesi in grado di produrre droni avanzati sono relativamente pochi e usarli sul campo di battaglia, in maniera efficace, è tutt’altro che immediato.
Il caso ucraino, dopo cinque anni, a nostro modo di vedere conferma ulteriormente quelle intuizioni anche sulla base di una ricerca più recente che abbiamo condotto (e che verrà, a breve, pubblicata sulla rivista accademica International Security). Insieme ad Antonio Calcara, Raffaele Marchetti e Ivan Zaccagnini, abbiamo studiato l’efficacia dei droni nelle più recenti campagne militari: Libia, Siria e Nagorno-Karabach. L’analisi porta a tre principali conclusioni. E tutte mettono in discussione la narrativa sulla portata rivoluzionaria dei droni. In primo luogo, l’uso di droni in questi conflitti non ha favorito l’attacco. Libia, Siria e Nagorno-Karabach mostrano come siano stati un utile strumento laddove vi era supporto logistico e di intelligence e, soprattutto, l’avversario non disponeva di difese anti-aree e di sistemi per la guerra elettronica. Ma di fronte ad avversari capaci ed equipaggiati, le flotte di droni venivano decimate in breve tempo. Pensare dunque di poter combattere solo con flotte di droni è abbastanza improbabile: le fondamenta del potere militare, in altre parole, non sono mutate.
In secondo luogo, i droni sono tutt’altro che l’arma dei deboli. In questi conflitti, al contrario, sono infatti state le parti più forti a sfruttarli. Il caso del Nagorno-Karabach è interessante: negli ultimi vent’anni, l’Azerbaijan ha portato la spesa militare rispetto a quella dell’Armenia da 1 a 1 a 3,5 a 1. Forte anche di supporto logistico e di intelligence, non sorprende che le truppe azere siano state in grado di usare e sfruttare meglio i droni della controparte più debole. Ragionamento analogo riguarda gli altri teatri dove, sistematicamente, i droni hanno avvantaggiato i più forti: d’altronde curdi, Isis o governo di Assad, nelle fasi più dure della guerra civile siriana, non sono riusciti a neutralizzare le offensive nemiche tramite droni; hanno invece potuto contare sul supporto esterno (americano o russo) oppure hanno dovuto retrocedere.
Infine, l’esperienza di queste tre guerre mette in discussione la vulgata per cui le guerre del futuro saranno combattute a distanza, con sistemi tele-pilotati o addirittura autonomi, e dove pertanto l’elemento terrestre, e soprattutto gli scontri convenzionali, verranno meno. In tutti questi teatri, infatti, i droni non hanno per nulla cancellato gli scontri ravvicinati, l’attrito convenzionale e le manovre terrestri che, anzi, sono state generalmente ben di maggiore importanza.
Questi tre elementi sembrano trovare conferma anche in Ucraina. L’efficacia dei droni ucraini sembra una funzione dell’assenza di difese anti-aree a livello tattico da parte russa e della poca preparazione delle forze armate russe che lasciano scoperti e senza protezione lunghi convogli anche di giorno – rendendoli dunque facili bersagli per gli avversari. Parimenti, se a livello strategico la Russia è molto più forte dell’Ucraina, a livello tattico i rapporti sono in parte invertiti, soprattutto per via dell’incapacità della Russia di portare sul fronte di combattimento capacità per pattugliamento a medio-lungo raggio, missili di precisione e capacità per la guerra elettronica. Infine, e purtroppo, i droni non stanno per nulla cancellando gli scontri di terra tradizionali: la Russia non sta colpendo l’Ucraina a distanza tramite droni e, in realtà, sta addirittura avendo problemi sia con i suoi missili a medio-lungo raggio che con la sua aviazione.
Andrea Gilli
Senior Researcher Nato Defense College
Mauro Gilli
Senior Researcher Politecnico di Zurigo
Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono le posizioni ufficiali di NATO o NATO Defense College