I vassalli della guerra

Siria e Bielorussia, stati clienti di Mosca, pronti a combattere nelle città ucraine per Putin

Daniele Raineri

La Russia teme che le grandi battaglie urbane, soprattutto quella per la capitale Kyiv, costeranno perdite enormi per le sue Forze armate. Scaricare sui combattenti stranieri questo rischio sarebbe una mossa vantaggiosa

Due stati clienti della Russia, Siria e Bielorussia, si preparano a intervenire nella cosiddetta “operazione speciale” ordinata dal presidente russo Vladimir Putin che nelle ultime due settimane ha ucciso almeno 1.500 civili e ha devastato molte città in Ucraina – come Kharkiv e Mariupol. Ieri il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ha dichiarato che sedicimila combattenti dal medio oriente e soprattutto dalla Siria arriveranno a sostegno dei soldati russi – il Wall Street Journal sei giorni fa aveva annunciato in anteprima questa notizia e aveva scritto che alcuni dei combattenti siriani sono già a Mosca. Poche ore dopo il governo ucraino ha avvertito che la Bielorussia controllata dal presidente Aljaksandr Lukashenka avrebbe dichiarato guerra e avrebbe invaso l’Ucraina al fianco dei soldati russi.

 

Le notizie sono entrambe plausibili. Il rais siriano Bashar el Assad deve all’intervento militare russo cominciato nel 2015 la propria sopravvivenza e quindi questo sostegno sarebbe un modo per rafforzare il legame di vassallaggio con Putin. Molti siriani dopo la guerra civile non sanno come sfamare le famiglie e accettano di andare a combattere in guerre altrui. E’ successo in Libia, dove nel 2019 la Turchia ha mandato molti siriani arruolati tra gli oppositori di Assad, e succede ora in Ucraina, dove però i siriani usati come carne da cannone sono arruolati fra i miliziani di Assad. Se l’Ucraina arruolasse siriani per resistere all’invasione la propaganda russa direbbe subito che “l’Isis combatte al fianco dei nazisti ucraini”. Anche il presidente bielorusso Lukashenka deve la propria sopravvivenza a Putin, perché due anni fa il russo lo ha aiutato a resistere ai moti di piazza che puntavano a scalzare lui dal potere dopo le ennesime elezioni-farsa alterate da brogli. Alcuni oppositori bielorussi sostengono che a questo punto Lukashenka è indistinguibile dal suo sponsor Putin e per questo motivo sono andati a combattere in Ucraina al fianco di chi resiste all’invasione. Combattere contro i putiniani è come combattere contro il dittatore bielorusso. 

 

Ci sono un paio di osservazioni da fare, almeno. La Russia teme che le grandi battaglie urbane, soprattutto quella per la capitale Kyiv, costeranno perdite enormi per le sue Forze armate. Scaricare sui combattenti stranieri questo rischio sarebbe una mossa vantaggiosa. Mosca dice che i siriani avrebbero ruoli d’appoggio, ma aveva anche detto che i soldati di leva non sarebbero finiti a fare la guerra in Ucraina e poi invece ci sono finiti. L’arruolamento di combattenti stranieri nella campagna di “denazificazione” è l’ammissione che le perdite russe sono state molto alte. La seconda osservazione riguarda una cosa che si sente dire in questi giorni: la guerra fra Russia e Ucraina riguarda la cosiddetta sfera di influenza russa, che non dev’essere disturbata. In questi anni la Russia di Putin è intervenuta in modo aggressivo in Siria, in Libia, in Mali e in altri stati africani. L’idea di una Russia che vive rattrappita in atteggiamento difensivo e si limita a proteggere una propria “sfera” fa parte della distrazione generale che in questi anni ha favorito Vladimir Putin.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)