Diplomazia Balduina
America e Cina si parlano a Roma. Le pressioni per dire a Pechino: devi mollare Putin
È la de-escalation, non Xi, che aiuterà il Cremlino. Il vertice romano tra Jake Sullivan e Yang Jiechi
La location dell’incontro tra il consigliere per la Sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, e il consigliere di stato cinese Yang Jiechi, fino a lunedì mattina era stata tenuta nascosta. Perfino alla Farnesina. All’esterno del Rome Cavalieri Waldorf Astoria, nel quartiere della Balduina a Roma, sembrava quasi un giorno qualunque: tassisti, ospiti dell’hotel, navette per il centro. Nel piano seminterrato che si affaccia sullo splendido giardino, però, stazionavano diversi funzionari e agenti in borghese. E poi due bandierine, una cinese e una americana, contrassegnavano l’ingresso delle due delegazioni nella sala predisposta ai colloqui. Neanche le Forze dell’ordine italiane fuori dal cancello dell’hotel sapevano esattamente chi sarebbe dovuto arrivare. Sullivan e Yang, l’uomo dei rapporti con l’America, uno dei più alti funzionari del Partito e molto vicino alla leadership di Xi Jinping, si sono parlati per sei ore, a porte chiuse, alla presenza di pochissimi membri delle rispettive delegazioni.
Niente è trapelato, e il comunicato rilasciato in serata dalla Casa Bianca era composto soltanto da otto righe, tra cui: “Sullivan ha sollevato una serie di questioni nelle relazioni Usa-Cina, con una consistente discussione sulla guerra della Russia contro l’Ucraina”. Il vertice tra i due è il terzo sin dall’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca: il primo colloquio era avvenuto in Alaska, nel marzo del 2021, e poi a Zurigo, nell’ottobre del 2021, anche lì sei ore di colloqui. La location romana è stata scelta non per una mediazione italiana: semplicemente l’agenda dei due s’incrociava qui. E di un terzo incontro tra Sullivan e Yang si parlava già da settimane, come una diretta continuazione del summit tra Biden e Xi Jinping di novembre. Solo che poi il 24 febbraio – il giorno dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – ha cambiato tutto. E ha cambiato soprattutto le priorità della Casa Bianca.
Mentre il colloquio ad altissimo livello andava avanti alla Balduina, sui media internazionali continuava la campagna di pressione e trasparenza d’intelligence da parte americana. Alcuni cablogrammi inviati dal dipartimento di Stato agli alleati in Europa e in Asia, ha scritto Demetri Sevastopulo sul Financial Times, rivelano che la Cina “ha espresso la propria volontà di fornire assistenza alla Russia”. Per Pechino vorrebbe dire farsi coinvolgere in una proxy war, una guerra per procura, e violare il principio di non interferenza che da sempre persegue. Già domenica alcuni funzionari americani, parlando con i media, avevano fatto trapelare la notizia di una richiesta d’aiuto da parte della Russia alla Cina. L’esistenza dei cablogrammi americani è stata confermata indipendentemente anche dal Foglio.
Sia il governo cinese sia quello russo hanno negato le richieste d’aiuto e l’apertura della Cina, e Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha accusato l’America di fare “disinformazione contro la Cina”. Secondo diversi studi indipendenti, i media statali cinesi e russi stanno mostrando una pressoché identica strategia antiamericana nel diffondere disinformazione sui motivi dell’invasione russa. Ned Price, portavoce del dipartimento di Stato, ha detto lunedì che una delle cose che Sullivan ha chiarito alla sua controparte cinese è che “qualunque paese cerchi di aiutare la Russia a uscire dalla pressione internazionale subirà delle conseguenze”. “L’economia di Cina e Russia, insieme, fa il 25 per cento del pil mondiale. Noi e i nostri alleati ben oltre il 50 per cento del pil. L’unica cosa che può sollevare la Russia dalla pressione economica è la de-escalation”.