Foto LaPresse

C'è un occidente da deputinizzare

Claudio Cerasa

La “denazificazione” o la prosecuzione del nazionalismo con altri mezzi. Fare dell’avversario una fantomatica dittatura da combattere, mentre si cerca di limitare le libertà: finisce sempre in tragedia, o in farsa

Lo schema è sempre lo stesso e vale sia nella tragedia sia nella farsa: indicare una fantomatica dittatura da combattere mentre si cerca di promuovere una limitazione delle libertà con tutti i mezzi a disposizione. La “denazificazione” è un’espressione che Vladimir Putin ha utilizzato spesso in queste settimane per giustificare la sua aggressione all’Ucraina. La tesi di Putin, se così si può definire, è che il popolo ucraino sia ostaggio di una serie di “drogati neonazisti”. E da anni la propaganda del Cremlino – richiamando a una vecchia e reale storia antisemita dell’Ucraina che portò il paese a collaborare con i veri nazisti, quelli di Adolf Hitler – ha diffuso all’interno del proprio paese elementi per costruire una narrazione perfetta. Di là, in Ucraina, ci sono i nazisti, come vi erano in Germania nella prima metà dello scorso secolo, e oggi come allora il compito della grande Russia è quello di fare tutto ciò che è necessario per evitare la nazificazione dei suoi vicini di casa.

 

Si potrebbe liquidare l’argomento limitandosi a ricordare che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, è di fede ebraica, che tre suoi famigliari sono stati vittime della Shoah (suo nonno ha combattuto nell’esercito sovietico contro i nazisti e la sua famiglia ha perso i parenti durante l’Olocausto) e che il rabbino di una delle città prese d’assalto da Putin, Refael Kruskal, vicepresidente della comunità ebraica di Odessa, figlio di un sopravvissuto all’Olocausto, nei giorni degli attacchi alla sua città è stato costretto a scappare oltre i Carpazi con il suo staff e cento orfani di cui si occupa quotidianamente per salvarsi dal progetto di denazificazione di Putin. E si potrebbe aggiungere, per mettere un punto alle fregnacce, che quello che è diventato una sorta di campo di addestramento dell’estrema destra globale, il Donbas, ha attirato, dal 2014 a oggi, combattenti fascisti in una misura limitata, circa 17 mila, che si sono divisi tra campo ucraino e campo filo russo. Si potrebbe inoltre dire che, se le cifre della nazificazione di un paese sono queste, molti stati in Europa potrebbero essere presto oggetto delle presunte attenzioni denazificatrici di Putin. E si potrebbe ricordare che, pochi giorni fa, il Museo commemorativo dell’Olocausto degli Stati Uniti, tra gli altri, ha affermato che Putin “ha travisato e si è appropriato della storia dell’Olocausto” e che una serie di importanti storici americani ed europei hanno firmato una lettera in cui condannano il “cinico abuso del termine genocidio da parte del governo russo, la memoria della Seconda guerra mondiale e dell’Olocausto e l’equazione dello stato ucraino con il regime nazista per giustificare la sua aggressione non provocata”.

 

Il gioco di Putin, se così si può chiamare, è dunque evidente. Ma quello che, nella farsa della denazificazione, risulta più interessante è il meccanismo che si trova dietro all’idea di Putin di individuare un nemico da combattere trasformandolo in modo spregiudicato in una dittatura soffocante, in un erede naturale del nazismo. Non si tratta di un caso isolato ma si tratta di un perfetto algoritmo del nazionalismo.

Funziona così. Individua un nemico da combattere. Trasforma quel nemico in un mostro. Cerca ogni giorno dettagli per confermare la sua pericolosità. Accresci la paura. Gioca con le emozioni. E una volta sdoganata l’idea che il tuo nemico sia una dittatura, o una forma di dittatura, usa questa finta battaglia in difesa della libertà per nascondere abilmente le pulsioni illiberali. Se di là ci sono i nazisti, tutto vale, e il fine, come si sa, giustifica i mezzi. Che vuoi che sia un po’ di propaganda, qualche sacrificio, se l’obiettivo finale è quello di combattere per la libertà? Lo schema è evidente: indicare una fantomatica dittatura da combattere mentre si cerca di promuovere una limitazione delle libertà con tutti i mezzi a disposizione. E’ uno schema che quando viene applicato in una guerra solitamente produce tragedie. Ed è uno schema che quando viene applicato lontano dalle guerre solitamente produce farse. E da molto tempo, su un piano naturalmente molto diverso rispetto a quello di Putin, i vecchi utili idioti del putinismo, devoti al culto del nazionalismo sovranista in salsa populista ed estremista, tendono con disinvoltura a usare lo stesso paradigma per costruire buona parte delle proprie battaglie politiche: indicare una fantomatica dittatura da combattere mentre si cerca di promuovere una limitazione delle libertà con tutti i mezzi a disposizione.

E così quante volte avete sentito dire a un populista che non esiste libertà senza combattere la dittatura dell’Europa? E quante volte avete sentito dire a un populista che non esiste libertà senza combattere la dittatura dei mercati? E quante volte avete sentito dire a un populista che non esiste libertà senza combattere la dittatura della finanza? E quante volte avete sentito dire a un populista che non esiste libertà senza combattere la dittatura sanitaria? Disegnare nell’aria nemici invisibili, i globalizzatori, gli eurocrati, i virologi, i finanzieri, i banchieri. Trasformare i nemici invisibili in mostri da combattere. Fare dei mostri da combattere dei nemici della libertà. Utilizzare gli strumenti della post verità per vincere la propria battaglia. E fare dell’estremismo un mezzo indispensabile per combattere le dittature immaginarie. In alcuni casi, lo schema viene utilizzato per trasformare i propri nemici politici in bersagli da aggredire verbalmente. In altri casi, lo schema viene utilizzato per trasformare i propri nemici in bersagli da eliminare militarmente. Lo schema è sempre lo stesso. E per quanto i due piani possano sembrare poco sovrapponibili, proponiamo una riflessione aggiuntiva: è davvero solo un caso che i nemici individuati dagli utili idioti del putinismo (l’Europa, per esempio) siano gli stessi che oggi stanno cercando di smascherare la battaglia liberticida di Vladimir Putin? “Putin – ha scritto venerdì scorso Donald Tusk, presidente del Ppe – ha costruito una vasta rete di alleati e utili idioti, in Europa e in America. Consapevolmente o meno, disinteressatamente o per denaro, supportano le sue azioni e idee. Trump, Le Pen, Orbán, Salvini, Schröder. L’occidente ha bisogno di una deputinizzazione”.

Quando la guerra finirà il problema resterà forte e resterà centrale: deputinizzare l’occidente per smascherare le finte denazificazioni dei nemici della libertà.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.