il treno europeo
Tre leader dell'Ue diretti a Kyiv. Zelensky rinuncia all'ingresso nella Nato
Biden in arrivo in Europa, mentre i premier di Polonia, Slovenia e Repubblica ceca vanno nella capitale ucraina, dove c’è il coprifuoco. La Nato dice: non disuniamoci. La brutalità metodica di Putin
Un segnale di “forza e di cuore” hanno detto i leader di Polonia, Slovenia e Repubblica ceca prima di salire sul treno: direzione Kyiv. Vogliamo “confermare il sostegno inequivocabile di tutta l’Unione europea alla sovranità e all’indipendenza dell’Ucraina e presentare un ampio pacchetto di sostegno allo stato e alla società ucraina”, ha dichiarato il governo polacco, che manda due emissari a Kyiv, il premier Mateusz Morawiecki e il padre-padrone del paese, formalmente il vicepremier Jaroslaw Kaczynski.
La delegazione europea comprende anche il premier ceco Petr Fiala e lo sloveno Janez Jansa, un leader che ha rappresentato invero poco l’ideale europeo nel suo mandato.
Ma l’invasione russa in Ucraina ha cambiato le priorità e oggi il fronte est dell’Europa, da molto tempo il più riottoso nei confronti di Bruxelles, sente la minaccia esistenziale alle sue porte e ha deciso di portarsi appresso la forza e il cuore dell’Ue incontrando il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Ammesso che sia possibile: dalle 20 di martedì sera Kyiv è in coprifuoco per le successive trentasei ore, le forze russe si avvicinano, mentre il bilancio di questa guerra pretestuosa si fa agghiacciante: le stime sui morti sono molto “al ribasso” ha detto il sindaco di Mariupol, i bambini uccisi sono almeno 97, altri due giornalisti sono stati uccisi, il fotoreporter Pierre Zakrzewski dell’americana Fox News e la freelance ucraina Oleksandra Kuvshynova che lavorava con lui.
A Mariupol, alcuni cittadini hanno contattato l’organizzazione umanitaria Mhri dicendo che da due giorni i medici e i pazienti del reparto di terapia intensiva di un ospedale della città sono in ostaggio dei soldati russi, che non permettono a nessuno di uscire e che trattengono chiunque entri.
L’assedio della città continua, così come accade in molte altre regioni, dove alla violenza militare si aggiungono razionamenti, deportazioni, la propaganda martellante dei russi che si rivendono come liberatori. I resoconti da ogni città sono simili, rivelano il metodo applicato dalle forze di Vladimir Putin e anche se la guerra non sta andando come lui voleva, anche se gli agricoltori vicino a Kharkiv ieri, nel pallido sole, si sono filmati sui loro trattori mentre andavano verso i campi per mostrare la loro resistenza nei loro scampoli di terra, la brutalità russa si sta aprendo tutti i varchi, in direzione anch’essa di Kyiv.
La prossima settimana, al vertice europeo parteciperà anche il presidente americano, Joe Biden, e negli stessi giorni è stato convocato ieri un consiglio straordinario della Nato, sempre a Bruxelles. “Il nord America e l’Europa devono continuare a stare insieme”, ha detto il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, forse intravedendo la possibilità sciagurata che l’unità finora mostrata, anche nell’ultimo pacchetto di sanzioni approvato lunedì, possa sfilacciarsi.
Zelensky, che alterna video motivazionali a riflessioni meste, ha detto che l’Ucraina sa che non entrerà nella Nato. Potevi dirlo prima, ha detto qualcuno, così Putin non si sarebbe agitato tanto, come se avesse ancora presa l’idea che la Russia sia stata provocata dall’occidente, come se davvero il senso di accerchiamento di cui parla tutto l’establishment russo (con i suoi sostenitori) fosse legittimo. Putin aveva pianificato questa invasione, il metodo lo ha studiato sotto i nostri occhi distratti in Siria: oggi la Corte di giustizia internazionale farà la sua prima valutazione dei crimini commessi dai russi in Ucraina.