Come può cambiare la guerra nei prossimi dieci giorni

Micol Flammini

È il lasso di tempo che Mosca ha a disposizione per superare lo stallo e rifornirsi di uomini e mezzi, nel frattempo si incattivisce con i bombardamenti sulle città. Questo periodo va sfruttato anche dagli occidentali per dare all'Ucraina tutto quello che serve per difendersi

Che la guerra contro l’Ucraina non stia andando secondo i piani di Vladimir Putin, lo dimostra non soltanto lo stallo militare, ma anche i segnali che arrivano da Mosca. Il generale Roman Gavrilov, vice capo della Rosgvardia, unità dell’esercito che ha subìto molte perdite in Ucraina, sarebbe stato arrestato dall’Fsb. Per ora lo riferiscono fonti  al direttore di Bellingcat, un sito di inchiesta affidabile. Per il presidente russo, Gavrilov  non è neppure uno sconosciuto, è stato uno degli  addetti alla sua sicurezza, e se la notizia dell’arresto fosse confermata indicherebbe che il capo del Cremlino è pronto a distribuire le colpe del fallimento anche agli uomini più vicini. Una delle accuse rivolte a Gavrilov sarebbe “fuga di informazioni che hanno portato alla perdita di vite umane”. Putin procede con le epurazioni, servono persone a cui dare la colpa delle perdite di uomini  e di mezzi – la Russia ha perso almeno 233 carri armati, 474 veicoli blindati, 13 caccia – dello stallo militare e anche della figuraccia internazionale. 

 

Più Mosca non riesce ad avanzare, più si incattivisce dall’alto sulle città come Mariupol: sulla quale, secondo le autorità locali, cadono dalle 50 alle 100 bombe ogni giorno. La città di Chernihiv ha riportato 53 morti in un solo giorno e a Merefa, nell’oblast di Kharkiv,  sono morte 21 persone. L’emittente Hromadske riferisce che sempre nella zona di Kharkiv sono state usate bombe a grappolo, ma la notizia non è stata verificata. Ogni posto ha il suo bollettino, ogni giorno peggiora. L’esercito di Mosca distrugge, ma non ci sono avanzamenti significativi. L’obiettivo di prendere Kyiv, il trofeo che serve per vincere la guerra, non è vicino: il Cremlino non ha i mezzi e gli uomini per accerchiarla e catturarla. Una volta entrato in città, l’esercito dovrebbe affrontare una guerriglia urbana alla quale non è preparato. Per la Russia il tempo trascorso a parlare di negoziati, ad alimentare l’idea che Mosca è disposta a parlare, a trovare un compromesso, è il periodo che serve anche per riorganizzarsi e secondo gli analisti il lasso di tempo che farà la differenza è di dieci giorni. Dieci giorni sono fondamentali anche per accelerare l’assistenza all’esercito ucraino, mandargli tutto ciò che gli serve per difendersi e contrattaccare. 
Mosca ha cominciato a parlare sempre con più insistenza di armi chimiche usate dagli ucraini e il ministero della Difesa russo sta raccontando di laboratori americani sul territorio dell’Ucraina in cui vengono portati avanti esperimenti batteriologici: ha lasciato intendere che il Covid sia nato lì, un prodotto ucraino-americano. I segnali che Mosca non si stia preparando a fare la pace ma a portare avanti la guerra ci sono, ma deve risolvere i problemi logistici. Il primo è la mancanza di uomini. 

 

Secondo il Pentagono la Russia ha già utilizzato il 50 per cento della forza di combattimento, un numero molto alto. Le perdite, sempre secondo fonti americane,  sarebbero tra le 6.000 e le 7.000 e a queste cifre vanno aggiunti i feriti: un numero più alto delle vittime americane in Iraq e Afghanistan in vent’anni di guerra. Molte delle perdite vengono dalle unità d’élite russe, quindi non sono sostituibili con riservisti. Che il fattore umano sarebbe stato fondamentale per le sorti di questa guerra è uno degli elementi che è emerso sin dall’inizio: i russi sono apparsi demotivati e anche confusi sin dai primi giorni; gli ucraini, che stanno difendendo il loro paese, sanno per cosa stanno combattendo. Sanno anche che se perderanno non ci sarà più l’Ucraina. 

 

Non ci sono dati che dimostrino che i rinforzi russi sono in arrivo nell’immediato, l’intelligence americana, che in questa guerra si è dimostrata molto affidabile, non vede grandi unità in arrivo. Mosca ha prima coinvolto i ceceni, poi ha provato a coinvolgere i soldati bielorussi (ieri i satelliti hanno mostrato che all’aeroporto di Bokov, in Bielorussia, c’è una grande concentrazione di elicotteri militari di Mosca), pubblicamente ha annunciato anche il coinvolgimento di uomini dalla Siria o dalla Repubblica centrafricana. L’intelligence ucraina ha avvertito che potrebbero essere 40.000 i siriani disposti a combattere per Mosca, che starebbe anche trasferendo dalla Siria all’Ucraina alcune attrezzature militari. Si tratta di uomini che non conoscono il territorio dell’Ucraina, difficile da dominare anche per i russi, e sono anche uomini non abituati al clima. La Russia starebbe cercando anche di reclutare soldati dalle repubbliche centroasiatiche, offrendo in cambio la cittadinanza. Il primo aprile arriveranno anche i nuovi coscritti, ragazzi dai 18 ai 25 anni, ma non sono questi i soldati che possono fare la differenza per Mosca. Sull’arrivo dei rifornimenti inoltre peseranno anche le condizioni atmosferiche, sarà difficile trasportare nuovi mezzi militari con il fango che si scioglie. Si va incontro ai mesi della Rasputitsa, quando il suolo dell’Ucraina diventa un misto di fango, neve e pioggia e rende difficili gli spostamenti.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)