La Romania, tappa per chi scappa da Kyiv, pensa alla sua sicurezza
Il presidente romeno Klaus Iohannis sta lavorando per aumentare le spese per la difesa di quasi l’1 per cento del prodotto interno lordo, passando dal 2 per cento al 2.8
Iasi – Vienna, Dublino, Roma, Varsavia. Sono alcune delle destinazioni che si leggono sul tabellone delle partenze, nell’affollatissimo aeroporto internazionale di Iasi, nord-est della Romania, capitale della regione della Moldavia romena. Le code ai check-in, in attesa di lasciare il bagaglio e ricevere la propria carta d’imbarco, sono piene di famiglie ucraine in partenza, donne e bambini che, approfittando del nuovo regime visa-free in vigore nella Ue, si preparano a raggiungere amici e parenti, in fuga dalla guerra. Solo all’imbarco verso Londra Luton non c’è ressa: per entrare in Gran Bretagna le regole sono ancora rigide, nonostante il governo di Boris Johnson abbia attivato negli ultimi giorni una procedura più snella per la richiesta dei visti.
Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina sono più di 400.000 i profughi che hanno attraversato i confini romeni. Di questi, circa 86.000 quelli che, in un ricambio costante fra nuovi arrivi e partenze, hanno bisogno di assistenza umanitaria. I rifugiati ucraini, in gran parte, non restano in Romania, ma la utilizzano come base di partenza verso l’Europa centrale e settentrionale. Restano così nel paese solo uno o due giorni, il tempo di organizzare il viaggio, ricevuti in uno degli alloggi-dormitorio allestiti dal governo, quasi sempre con l’aiuto di organizzazioni non governative, come l’italiana Progetto Arca, che gestisce un centro di prima accoglienza a Milisauti, venti chilometri di strada dal confine di Siret.
Spesso, soprattutto per chi non ha risorse o contatti, il viaggio prosegue fino alla Moldavia, un luogo considerato da molti più semplice, per ragioni linguistiche (quasi tutti i moldavi parlano russo), e nel quale preparare con calma la ricerca di una nuova destinazione. Anche per questo il governo romeno e l’Alto commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite hanno raggiunto un accordo per trasportare i profughi dai punti di confine fra Moldavia e Ucraina direttamente in Romania, così da alleggerire l’enorme pressione cui è sottoposta in questi giorni Chisinau, che ha ormai raggiunto il punto di non ritorno in termini di capacità logistiche e di accoglienza. Quello dei profughi in arrivo è solo uno dei tanti problemi posti dall’invasione russa dell’Ucraina al governo romeno.
In molti, nel paese, temono infatti che, in caso di allargamento del conflitto, la Romania possa essere uno dei primi territori ad essere colpito, una preoccupazione condivisa con la confinante Moldavia, esposta direttamente alla presenza di truppe russe, 1.500 uomini, in Transnistria. Di certo, sono già evidenti i danni collaterali legati alla nuova instabilità regionale provocata dalla guerra, con effetti che stanno già mostrandosi in maniera diretta in ambito economico e una contrazione degli investimenti da parte di società che ritengono l’area ad alto rischio. “La tensione nel paese è palpabile, basta pochissimo per ritrovarsi questa guerra in casa, oltre i confini ucraini, e chi lo sa se siamo pronti”, spiega Valentin Lăzureanu, uno studente di scienze politiche all’università di Bucarest che ha messo in piedi un gruppo facebook, War Room, nel quale si discute dei possibili sviluppi militari di un confitto che coinvolga la Romania e che ha raccolto in poche settimane centinaia di iscritti.
E’ proprio a fronte di un contesto di sicurezza profondamente mutato che il presidente romeno Klaus Iohannis sta lavorando per aumentare le spese per la difesa di quasi l’1 per cento del prodotto interno lordo, passando dal 2 per cento al 2.8: l’intenzione è quella di lavorare in una direzione strategica di totale rinnovamento. In questo senso va letto lo stato di allerta cui da due settimane è richiamato l’esercito romeno, con l’invio di truppe in ricognizione al confine settentrionale con l’Ucraina e la richiesta alla Nato di incrementare il numero di militari della forza multinazionale presenti in territorio romeno. Più di seicento uomini, provenienti da Francia e Belgio, si sono uniti all’unità di quattromila militari già presenti in Romania, mentre già dallo scorso maggio è stata potenziata la base di Mihail Kogalniceanu sul mar Nero, a cento chilometri dal confine ucraino: quest’aeroporto militare viene considerato l’hub del Patto atlantico per l’aviazione in caso di escalation del conflitto.