Putin e la gauche
La sinistra francese litiga sulla guerra in Ucraina. Il russofilo Mélenchon e gli altri
Nella gauche la spaccatura sull'invasione russa è evidente e regna il caos. Il leader della France insoumise milita per il "non allineamento" alla Nato. Per Hidalgo e Jadot invece bisognerebe spingere ancor di più sulle sanzioni
Parigi. Negli ultimi tempi, la sinistra francese non perde mai l’occasione per mostrare a tutti quanto è divisa e litigiosa su ogni dossier, dalla laicità al nucleare, dalla sicurezza alle questioni identitarie. E l’aggressione militare russa contro l’Ucraina ha confermato la tendenza. A un primo sguardo, le posizioni collimano: tutti i candidati all’Eliseo della famiglia della gauche, da Jean-Luc Mélenchon (France insoumise) a Anne Hidalgo (Partito socialista), passando da Yannick Jadot (Verdi) a Fabien Roussel (Partito comunista francese), condannano l’invasione del territorio ucraino decisa da Vladimir Putin lo scorso 24 febbraio. Ma se si scava un po’ più in fondo emergono nettamente le divergenze tra i pro e gli anti Putin, tra i pacifisti e quelli che militano per l’invio di armi agli ucraini. La spaccatura più evidente è tra il giacobino Mélenchon e la sindaca di Parigi Hidalgo. Quest’ultima, ha accusato il leader della France insoumise di essere “complice dei dittatori”, riferendosi alla sua compiacenza verso il capo del Cremlino, e di essere affetto da un’“ossessione anti americana”. Mélenchon, da diversi anni, accusa gli Stati Uniti e la Nato di mettere pressione alla Russia, militando per il “non-allineamento” della Francia all’Alleanza atlantica. “Il non-allineamento resta il mio orientamento politico”, ha twittato lo scorso 24 febbraio, dicendosi contrario a un “ordine mondiale in cui da una parte c’è la Nato e dall’altra il blocco russo”. E ancora: “Se mi chiedete di dettagliare le cause che ci hanno portato a questa situazione, allora vi dirò che il rifiuto ostinato di mettere in discussione la presenza della Nato alle porte della Russia è all’origine dell’idea che si è fatto Putin di una nostra imminente aggressione”. Mélenchon, che nei sondaggi per le presidenziali è il candidato posizionato meglio a sinistra (attorno al 12 per cento in vista del primo turno), si sta difendendo in questi giorni dalle accuse di putinismo piovute sia dalla macronia che dai suoi rivali progressisti, bollandole come sciocchezze. Eppure, nel 2016, in diretta televisiva, si congratulava con il presidente russo per quanto stava facendo in Siria assieme a Bashar el Assad, e a gennaio di quest’anno, in un’intervista al Monde, si chiedeva: “I russi mobilitano le loro truppe alle loro frontiere? Chi non farebbe la stessa cosa con un simile vicino, un paese legato a una potenza che li minaccia senza sosta?”.
Durante una conferenza stampa a fine febbraio, Anne Hidalgo ha messo Mélenchon sullo stesso piano dei due candidati della destra identitaria, Marine Le Pen e Éric Zemmour, che “giustificano” Putin e così facendo contribuiscono a “trasformare gli aggressori in aggrediti”. Hidalgo, a differenza del candidato della France insoumise, non ha invece mai messo in discussione l’allineamento della Francia alla Nato e ha spiegato con queste parole la sua posizione sulla guerra in Ucraina: “E’ una battaglia molto chiara. Da un lato c’è una dittatura e dall’altro delle democrazie. Non c’è una terza via. E’ fuori discussione un non-allineamento. La scelta deve essere chiara”.
Per la sindaca parigina bisognerebbe spingersi ancora più lontano nelle sanzioni, seguendo gli Stati Uniti che hanno imposto un embargo sul gas russo. “Pagare il gas russo significa pagare le armi a Putin”, ha affermato l’esponente socialista. Jadot, portabandiera dei Verdi francesi alle presidenziali, invoca alla stregua di Hidalgo una reazione muscolare dinanzi a Putin. “La nostra fermezza e la nostra solidarietà devono tradursi in un invio di armi affinché gli ucraini possano difendersi e in una serie di sanzioni di carattere eccezionale contro Putin e i suoi complici, mettendoli al bando dalla comunità internazionale”, ha dichiarato Jadot. Fabien Roussel, candidato del Partito comunista, è il più pacifista della famiglia della gauche: secondo lui, la Francia non deve prendere parte al conflitto in nessun modo, né direttamente, né indirettamente attraverso “la consegna di armi”.