Dire che Putin è pazzo non ci aiuta affatto
Cercare di capire la strategia del presidente russo è più utile che dargli del folle
E’ proprio vero che l’azione aggressiva di Vladimir Putin, assolutamente inaccettabile, è anche incomprensibile? L’interpretazione psicologica, o addirittura psichiatrica, delle scelte della Russia è molto diffusa, ma può sembrare un modo un po’ semplicistico per sostenere che quel che non ci piace, che non corrisponde al nostro modo di vedere le cose non può essere che un sintomo di follia. Questo, peraltro è il modo di ragionare delle dittature, che rinchiudono in ospedali psichiatrici i dissidenti, e proprio per questo va evitata ogni anche minima somiglianza nel dibattito democratico.
Forse invece c’è un metodo in questa follia. La globalizzazione rende decisiva la gerarchia economica e tende a mettere in secondo piano quella geopolitica e militare: questo va bene ai paesi più ricchi, ma certamente non alla Russia, nano economico e gigante geostrategico e militare (che si trova cioè in una condizione perfettamente e simmetricamente contraria a quella dell’Unione europea). La Russia sa che il tempo lavora contro di lei: se la globalizzazione economica si afferma il ruolo di Mosca diventerà sempre più marginale. Anche per questo Putin cerca di affermare una nuova concezione euro-asiatica come fulcro di un sistema di potere che si opponga attivamente all’espansione economica e poi politica dell’occidente.
Il rapporto con la Cina è ovviamente essenziale in questo quadro, e sarà un po’ meno subalterno finché Mosca disporrà di un sistema militare più consistente. La Cina per parte sua vede l’opportunità di dare corpo a una sorta di nuova alleanza tra non allineati, simile a quella degli anni Sessanta ma ora nettamente egemonizzata anche economicamente da Pechino. Basta leggere la lista dei paesi che all’Onu si sono astenuti sulla condanna dell’aggressione russa all’Ucraina per avere la mappa di questa possibile nuova (ma non troppo) aggregazione, la cui guida sarà contesa tra Cina e India, con la prima in netto vantaggio. Questa strategia non è affatto cieca: quasi nessun paese arabo ha preso posizione con nettezza contro l’aggressione russa, circolano dubbi in alcuni paesi dell’America latina e alcuni rappresentanti dell’Unione africana hanno protestato per le discriminazioni subite dai profughi di origine africana alle frontiere europee, che è poi un modo per rendersi “neutrali”, anche per effetto della penetrazione cinese nel continente nero. Interessante anche la posizione di Israele, paese indubitabilmente “occidentale” che ha sponsorizzato la partecipazione ai colloqui russo-ucraini di Roman Abramovic, l’oligarca che ha oltre al passaporto russo ha anche quello israeliano e insiste nella mediazione in modo lodevole.
Cercare di capire in che sistema si colloca l’aggressione russa non serve a giustificarla. Piuttosto è necessario per combatterla meglio e cercare di inaridirne le radici, che sono purtroppo più ramificate di quel che sembri, con una politica che sia in grado di correggere le contraddizioni della globalizzazione emerse in modo così lacerante.