Una legge internazionale e un tribunale speciale per Putin
L’aggressione a uno stato è già riconosciuta come un crimine ma manca un meccanismo specifico che lo punisca. Serve colmare questa lacuna giuridica, scrive Murray Hunt
Come finirà questa guerra? Che cosa può far sì che non ci coinvolga tutti in un disastro? Certo, dare armi agli ucraini, in modo che il loro eroismo costi caro ai russi. Certo, le sanzioni economiche che faranno implodere l’economia russa. Forse, assuefarci all’idea che nella patria di Voltaire e di Kant possano essere usate bombe atomiche tattiche. Murray Hunt ha un’idea paradossale, e la espone in un saggio per Project Syndicate dell’11 marzo: un tribunale speciale per Putin.
Un tribunale esige che ci sia una legge, la international rule of law. Disattesa da molti anni da dittatori e da tiranni, ma anche dalle grandi potenze globali, e l’aggressione russa all’Ucraina è un colpo mortale a quanto ne restava: se vogliamo contenere le derive illiberali e vivere in pace nel XXI secolo dobbiamo ripristinarla.
Un ordine basato sulla legge internazionale si era affermato dopo la Seconda guerra mondiale. In tanti ne hanno via via eroso la base: i populisti nel mondo; la Cina con le sue pretese sul sud del Mar della Cina; il Regno Unito che non restituisce alle Mauritius le isole Chagos; l’Amministrazione Biden con gli emigranti da Haiti; la Russia, con la guerra contro l’Ucraina, batte i suoi stessi record. La pace nel mondo dipende da una legge internazionale, se vien meno, gli stati corrono un rischio: l’aggressione russa è una sveglia che suona per tutti.
Un meccanismo istituzionale che sanzioni responsabilità e renda giustizia è più sviluppato oggi di quanto non lo fosse durante la Seconda guerra mondiale: la scorsa settimana la stragrande maggioranza dell’Assemblea generale dell’Onu ha riconosciuto che l’invasione manca di qualsiasi giustificazione legale, è un atto di aggressione in violazione dello statuto delle Nazioni Unite. Gli stati, ma anche gli individui, possono portare la Russia a Strasburgo di fronte alla Echr; la International Criminal Court (Icc) dell’Aia può perseguire e punire casi di genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità. Carla Del Ponte, l’ex pg svizzera che ha incriminato Milosevic e Karadzic, spera si possa presto ottenere dai giudici il mandato di arresto per Putin, che così non potrebbe più uscire dalla Russia. Istituzioni che possono stabilire le responsabilità di Putin e dei suoi generali per violazione dei diritti umani, per crimini di guerra o crimini contro l’umanità esistono già, e da più parti si preme perché siano attivate.
Ma c’è una lacuna giuridica, ed è questa che Hunt vuole colmare: manca un meccanismo specifico che sanzioni l’aggressione a uno stato, mentre questo è un crimine, oltre che più grave, diverso. Diverso perché più circostanziato: commesso da capi che hanno il potere di dettare la politica, ed eseguito da un ristretto numero di loro fedeli, le responsabilità sono molto più facili da dimostrare che non quelle di individui coinvolti in crimini contro l’umanità. La paura di essere incolpato può indurre coloro che direttamente eseguono l’aggressione a prendere le distanze dal regime. Questo tribunale potrebbe essere istituito da una coalizione dei volonterosi, magari su raccomandazione dell’Assemblea generale dell’Onu: c’è un consenso generale che non ci possa essere impunità per l’aggressione a un paese.
Certo, l’ipocrisia e la doppia morale di una istituzione che punisse l’aggressione russa, e lasciasse impuniti atti di altri paesi, ne annullerebbe la credibilità: deve quindi essere l’espressione di un sistema multilaterale e non imposta da quei poteri occidentali che hanno fissato l’ordine internazionale del dopoguerra.
Il supporto politico a questa riforma, conclude Matt, va conquistato, non richiesto. L’aggressione è già riconosciuta come un crimine internazionale: non si tratta quindi di imporre una nuova norma, ma di costruire il meccanismo che consenta di punirlo specificamente. Facendolo, i paesi come gli Usa, la Ue e il Regno Unito dimostrerebbero che stabilire il diritto come base dei rapporti internazionali non è solo retorica, ma impegno a rispettare le obbligazioni che hanno volontariamente adottato.
C’è l’occasione, c’è l’interesse, c’è il consenso per farlo: bisogna cominciare subito. “Un tribunale per Putin”: per dimostrare che noi le derive illiberali siamo in grado di contenerle.