Le dimissioni di peso di Anatoli Chubais

Micol Flammini

L'inviato russo per il clima ha lasciato Putin e Mosca in disaccordo sulla guerra. Il rimpianto di non averlo capito prima, quando fu lui a introdurre al Cremlino il futuro presidente

L’inviato russo per il clima, Anatoli Chubais, si è dimesso. E’ la carica di rango più alto che finora ha lasciato il suo posto per dimostrare la sua contrarietà all’invasione russa dell’Ucraina. Bloomberg ha dato la notizia e il giornale russo Kommersant ha detto che Chubais ora si troverebbe in Turchia. Putin aveva scommesso su Chubais per rivedere le politiche climatiche del paese, alle quali il Cremlino diceva di tenere molto. Chubais negli anni Novanta aveva curato le privatizzazioni nel paese e dopo pochi anni diede a Putin il suo primo lavoro al Cremlino. Aveva sostenuto il suo arrivo alla presidenza, aveva creduto in questo capo di stato che sembrava controllabile e che invece con il tempo si è rivelato più determinato e ambizioso del previsto. Ma non per questo, Chubais aveva smesso di stare dalla parte di Putin, che gli ha sempre riservato incarichi importanti in aziende statali. 

 

Ha annunciato le sue dimissioni con una lettera e la scorsa settimana aveva dedicato un post su Facebook a Yegor Gaidar, suo collega, economista, riformatore, che “capiva i rischi strategici meglio di me e mi sbagliavo”. Gaidar aveva scritto un libro dal titolo “La morte dell’impero” in cui parlava di quanto fosse pericolosa la nostalgia imperiale che vedeva crescere sotto Putin. 

Le dimissioni di Chubais sono un segnale: il potere del Cremlino è forte, ma non è detto che sia inscalfibile nonostante la guerra. Ci sono le purghe interne del presidente Putin e c’è chi se ne va. E soprattutto c’è chi si chiede che fine abbia fatto Sergei Shoigu: il ministro della Difesa non si vede più dall’11 marzo. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)