Russia = Cina. Il primo paese a fare l'equazione è la Lituania
“Quando l’Ue uscirà da questa crisi sarà ancora più forte”, ci dice l’ex premier lituano Kubilius. Segnali chiari per il summit Pechino-Ue
Nel mezzo della crisi ucraina, la Lituania è stato il primo paese a chiedere la cancellazione del summit tra Ue e Cina previsto per il 1° aprile prossimo. Pechino ha un ruolo ambiguo sulla guerra, e secondo l’intelligence potrebbe aiutare il Cremlino a mitigare gli effetti dell’isolamento. Allo stesso tempo il summit con l’Ue è importante per la Cina, perché arriva dopo diversi mesi di crisi diplomatica con Bruxelles. E a Pechino il mercato dell’Ue serve. Ma già nella bozza del Consiglio europeo di domani, con ospiti Biden e Kishida, si legge che al primo punto del summit del 1° aprile ci saranno “le relazioni con la Cina nel nuovo contesto globale, in particolare sull’aggressione militare russa contro l’Ucraina”. E’ insomma in corso un ripensamento profondo delle politiche dell’Ue con Pechino.
La Lituania conosce bene sia l’aggressività della Russia sia quella della Cina: “Quello che abbiamo imparato nel nostro paese, in questa parte d’Europa, è che i regimi autoritari si trasformano in vere dittature”, dice al Foglio Andrius Kubilius, parlamentare europeo del partito conservatore lituano, che fa parte del Ppe e il cui leader è l’attuale ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis. “Questi paesi sono una minaccia per i vicini e per la pace, dobbiamo mettercelo in testa. Per molto tempo abbiamo pensato che potessero essere autoritari solo all’interno dei loro confini, magari prevedendo un’apertura nel corso del tempo”, e invece il percorso è quasi sempre al contrario, dice Kubilius.
Ex primo ministro a Vilnius tra il 1999 e il 2000 e poi di nuovo tra il 2008 e il 2012, Kubilius confessa che non avrebbe mai previsto l’arrivo di una guerra così, “il più grosso errore di Putin, perché sa che se la perderà sarà la fine del suo regime al Cremlino”. E qualcosa poteva essere previsto: “Quando Putin è tornato al potere abbiamo capito che poteva andare malissimo, era più nazionalista e iniziava a diffondere propaganda nostalgica”, dice Kubilius. Quindi si poteva evitare? “Se l’Ue fosse stata più efficace nella sua strategia coinvolgendo i vicini, inclusa l’Ucraina, con una prospettiva di allargamento definita, magari si sarebbe evoluta in un altro modo. Forse all’Ue è mancata un po’ di ambizione geopolitica”. Però dalla crisi abbiamo imparato a essere uniti: “L’Europa uscirà da questa crisi più forte, sta imparando dalle emergenze, quella economica, quella dei rifugiati. Questa è la prima crisi in cui i nostri vicini vengono attaccati, dobbiamo stabilizzarli e cercare di aiutarli nello sviluppo”.
Oggi in Lituania in molti sono preoccupati dalla guerra a pochi chilometri dai propri confini. Chiusa tra la Polonia e la Bielorussia, la Lituania confina pure con la Russia, o meglio, con Kaliningrad, l’exclave russa con accesso al mar Baltico. Oltre 270 chilometri di frontiera che nel 2017 sono stati rafforzati con un muro di due metri per evitare il mercato nero e le attività sospette russe all’interno del paese baltico. “Ma anche se dovesse perdere le battaglie sul campo non vuol dire che non possa minacciare il resto del mondo col nucleare”, dice Kubilius, e spiega che già durante il suo governo la Lituania ha iniziato un percorso di indipendenza energetica dalla Russia: “Volevamo liberarci dalla dipendenza sul gas, abbiamo costruito dei terminal energetici, ci siamo ripresi la proprietà dei gasdotti. Siamo salvi da questo punto di vista”. “I soldi che l’Europa paga alla Russia per petrolio e gas sono l’equivalente di quattrocento carri armati al giorno. Non è necessario coinvolgere la Nato per imporre una no fly zone sull’Ucraina, Kyiv può farla da sola ma deve ricevere l’equipaggiamento militare adatto. Quello che l’Ue può davvero fare, e urgentemente, è implementare le sanzioni e isolare economicamente la Russia”, dice Kubilius.