(foto EPA)

In Europa non c'è accordo sull'embargo petrolifero e c'è una spaccatura sui prezzi dell'energia

David Carretta

Michel incensa l'Ue con toni autocelebratori. Ma sulle questioni energetiche probabilmente il Consiglio europeo servirà solo a rimandare le decisioni più difficili

Bruxelles. A un mese dall’inizio della guerra, l’Unione europea è entrata in una fase pericolosa di autocompiacimento sulla sua reazione all’aggressione della Russia contro l’Ucraina. I capi di stato e di governo dei ventisette, nel Consiglio europeo di oggi e domani, dovrebbero concentrarsi sul consolidamento delle sanzioni già adottate. “Putin pensava che avrebbe diviso l’Ue e i nostri alleati: si è sbagliato. Abbiamo imposto le sanzioni più pesanti che abbiamo mai adottato”, ha detto ieri il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, con toni autocelebratori. La bozza di conclusioni del vertice include la minaccia di nuove misure restrittive. Ma, malgrado le prevedibili pressioni di Joe Biden, per ora non c’è nulla di concreto. Un embargo sulle importazioni di petrolio “da un giorno all’altro farebbe piombare il nostro paese e l’intera Europa nella recessione” con “centinaia di migliaia di posti di lavoro a rischio”, ha detto il cancelliere tedesco, Olaf Scholz.

Funzionari e diplomatici parlano di “chiudere le falle” dei precedenti pacchetti. Ma “non vogliamo pagare un prezzo più alto di quello imposto a Putin”, dice al Foglio uno di loro. Così, il tema più delicato del Consiglio europeo sarà la risposta dell’Ue all’aumento dei prezzi dell’energia. Quando i leader affronteranno la questione, la riunione potrebbe trasformarsi in una guerra interna sul tetto del prezzo del gas e il disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità. Sull’energia ieri la Commissione ha sospeso le regole sugli aiuti di stato per aiutare le imprese e ha presentato una serie di proposte. Alcune prendono di mira Gazprom, come la possibilità di espropriare gli impianti di stoccaggio del colosso russo presenti nell’Ue, se ci saranno dubbi sulla sua volontà di riempirli prima dell’inverno mettendo a rischio la sicurezza energetica europea. Altre costituiscono una svolta rispetto al passato, come gli acquisti comuni di gas naturale liquefatto (Gnl), ma anche di gas e idrogeno, sul modello di quanto fatto con i vaccini.

 

Ursula von der Leyen ha preannunciato per oggi un accordo con Biden per una fornitura aggiuntiva di Gnl americano all’Ue “per i prossimi due inverni”. Ma la Commissione non ha voluto dare indicazioni chiare su cosa fare sul tetto del prezzo del gas e il disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità, preferendo elencare i pro e i contro delle diverse proposte, in attesa di indicazioni da parte dei leader. Peccato che i ventisette non riescano a mettersi d’accordo.

Spagna, Francia, Italia, Belgio, Grecia e Portogallo da settimane spingono per interventi nei mercati, come fissare un tetto massimo per il gas e porre fine al legame tra prezzo del gas e prezzo dell’elettricità. Germania, Danimarca e Paesi Bassi accusano gli “interventisti” di mettere a rischio il Green deal e di rafforzare la dipendenza dagli idrocarburi, compresi quelli russi. Le ragioni sono menzionate nel documento di ieri della Commissione. Imporre un massimale al prezzo del gas comporta costi elevati per i bilanci pubblici, distorsioni della concorrenza, perturbazioni del mercato e rischi per l’approvvigionamento (i fornitori potrebbero vendere ad altri a prezzi più alti). Modificare le attuali regole per fissare il prezzo dell’elettricità, che è legato a quello del gas, significherebbe disincentivare gli investimenti nelle rinnovabili. Per evitare un’escalation interna, il Consiglio europeo potrebbe decidere una tregua, rinviando le decisioni più difficili a un altro vertice in maggio.

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