(foto Ansa)

oltre le semplificazioni

I rapporti con la Russia e il trilemma della politica internazionale

Andrea Gilli e Mauro Gilli

Chi dice che avremmo dovuto dare più ascolto alle preoccupazioni russe ignora come funzionano il mondo e le relazioni tra stati. Che sono sempre sottoposte a tensioni. Un modello di analisi

Da più parti, vediamo un tentativo di razionalizzare la guerra in Ucraina e cercare di identificare, a ritroso, delle alternative che avrebbero potuto evitare il conflitto in corso. Secondo una teoria abbastanza diffusa, per esempio, dopo la fine della Guerra fredda non avremmo tenuto abbastanza in considerazione le legittime preoccupazioni russe e, di conseguenza, come Occidente avremmo fallito nel costruire un ordine mondiale più stabile. In altre parole, avremmo dimenticato la lezione di Metternich che dopo le guerre napoleoniche riuscì, con il Congresso di Vienna, a riportare la stabilità tra le grandi potenze europee. 

A nostro modo di vedere, questi sforzi intellettuali sono sterili. 

La ragione non è tanto o solo di natura storica o empirica – su cui comunque bisognerebbe ragionare in quanto pretese e preoccupazioni russe sono state ampiamente tenute in considerazione. La ragione è ontologica: il sistema internazionale non è un ambito sotto il nostro controllo e facilmente plasmabile, ma è invece complesso, dinamico e reattivo, spesso in maniera non-lineare e prevedibile. 
Di conseguenza, pensare che muovendo una semplice pedina avremmo potuto risolvere tutti i problemi di oggi senza però pagare alcun costo signifca ignorare come funzionano il mondo e le relazioni tra stati.

Procediamo per analogia. Nell’alveo della politica monetaria, è impossibile avere contemporaneamente tassi di cambio fissi, libera mobilità dei capitali e autonomia monetaria. Tassi di cambio fissi e libertà dei capitali di fatto portano la politica monetaria a essere diretta da dinamiche esterne. Con tassi di cambio fissi e autonomia monetaria, non si può avere libera circolazione dei capitali. Mentre libertà di circolazione dei capitali e l’autonomia monetaria non permettono di avere tassi di cambio fissi. Quando un paese dunque imposta la propria politica monetaria deve partire da questo trilemma. Pensare che si sarebbe potuta evitare una crisi monetaria muovendo uno solo di questi fattori, senza toccare gli altri, è semplicemente ingenuo (o disonesto).

Considerazioni analoghe valgono quando guardiamo all’ordine mondiale. Il politologo britannico Chris Brown, in un suo fortunato libro di alcuni anni fa, aiutava a capire uno dei possibili trilemmi che rendono la politica internazionale di difficile soluzione: sovranità, diritto e giustizia sono assi fondanti del sistema internazionale, ma fondamentalmente in tensione. Se accettiamo che gli stati siano sovrani e che le loro relazioni siano informate dal diritto internazionale, allora non possiamo avere giustizia in quanto siamo obbligati ad accettare violazioni di diritti individuali dentro i confini statali. Se riteniamo che il diritto internazionale debba proteggere i diritti individuali così da permettere di avere giustizia nel mondo, non possiamo avere stati sovrani in quanto la loro sovranità sarà costantemente messa in discussione. Se invece vogliamo stati sovrani che perseguono un particolare ideale di giustizia, non possiamo avere il diritto internazionale, perché questi lo violeranno per portare a termine i loro impegni etico-morali

Questo breve quadro ci aiuta a capire come mai i ragionamenti ex post sulla fine della Guerra fredda sono di discutibile utilità. Alcuni dicono che avremmo dovuto dare più ascolto alle preoccupazioni russe. Certo che si poteva, ma avremmo per esempio negato la libertà di interi popoli e ignorato la sovranità di più paesi. Chi avanza queste proposte, in altri termini, dovrebbe quindi avere il coraggio non solo di dire cosa ci avremmo guadagnato (più stabilità con la Russia) ma anche cosa e chi avrebbe perso (una parte dell’Europa dell’est sarebbe diventata più simile alla Bielorussia).

Mentre cerchiamo di capire come ricostruire l’ordine europeo, insieme a quello internazionale, vale la pena tenere bene a mente questo trilemma ed eventualmente sforzarci per identificarne altri. Se guardiamo alla storia, la capacità di Metternich – come di Disraeli o Truman – non è stata tanto nel capire le preoccupazioni degli altri paesi, ma piuttosto di gestire al meglio queste differenti tensioni.

Andrea Gilli 
Senior Researcher al Nato Defense College
Mauro Gilli 
Senior Researcher al Center for Security Studies Politecnico di Zurigo 

Le opinioni espresse sono personali e non riflettono quelle della Nato o del Nato Defense College

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