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L'ultima resistenza: Mariupol è quasi presa dai russi e "non si contano i morti"

Cecilia Sala

In Donbas l’esercito di Putin sta usando la sua tecnica preferita: l’accerchiamento che permette di tagliare le comunicazioni con l’esterno e i rifornimenti, poi costringe il nemico alla resa per fame mentre lo bombarda. Secondo il sindaco i morti sono cinquemila

Mykolaïv. I russi stanno rimandando in Bielorussia alcune delle loro truppe schierate a nord di Kyiv. Questa mossa fa parte di una “riorganizzazione” che ha tutta l’aria di una fuga, anche se il generale russo Sergei Rudskoy ha detto che le cose stanno andando secondo i piani, che l’obiettivo è sempre stato il Donbas e le altre offensive erano distrazioni per tenere impegnato l’esercito ucraino lontano dall’est. Ora il miglior modo per far ridere qualcuno in Ucraina è citare “tutto secondo i piani di Mosca” in un contesto in cui qualcosa è  appena andato storto, come se ordini un caffè e ti cade in terra prima di aver bevuto il primo sorso. Le formazioni russe ancora in grado di combattere però non rimarranno al sicuro in Bielorussia per sempre, ci vorranno settimane ma è probabile che saranno schierate nell’est e nel sud-est, dove la situazione è ribaltata rispetto al resto del paese e i russi sono in vantaggio.

In Donbas l’esercito di Putin sta usando la sua tecnica preferita: l’accerchiamento che permette di tagliare le comunicazioni con l’esterno e i rifornimenti, poi costringe il nemico alla resa per fame mentre lo bombarda. Questa tecnica sta funzionando a Mariupol ma i russi non la usano solo per le città: stanno provando ad accerchiare la Joint Forces Operation, i soldati ucraini che combattono contro i separatisti dal 2014. L’assedio di Mariupol è finito una settimana fa quando i soldati di Mosca sono entrati in città,  lunedì il sindaco ha detto che anche i quartieri del centro sono caduti nelle loro mani e poi che “stanno semplicemente uccidendo tutti quelli che incontrano, in una città dove la metà degli abitanti è di etnia russa”. Secondo i suoi calcoli i morti sono cinquemila. 

“Non so neanche come si faccia a contarli, li abbiamo seppelliti ovunque, quelli che abbiamo potuto e quelli che siamo riusciti a trovare. La priorità era sopravvivere”, dice al Foglio Olga che ha 27 anni ed è scappata da Mariupol sei giorni fa.

“Non c’era sempre tempo di guardare sotto le macerie, ma negli attimi di relativa calma uscivamo dai bunker e aiutavamo a scavare buche”, racconta Olga. Lei si trovava nei sotterranei del teatro quando è stato bombardato il 16 marzo: è un teatro piccolo ma sotto c’è un bunker capiente costruito dai sovietici all’inizio degli anni 60, quando si temeva la guerra atomica. Olga si era rifugiata lì con la sua famiglia e quasi 1.300 persone che, come lei, non hanno più una casa – 300 sono morte. In città l’80 per cento dei palazzi è crollato o è inagibile. “Restare era pericoloso ma anche scappare: non sai se il corridoio che usi per uscire sarà colpito e devi passare decine di checkpoint russi: ti fanno spogliare e ti controllano, se vogliono ti fanno sparire”. Olga non è riuscita a collegarsi a internet dal 2 marzo fino a quando ha lasciato la città, ieri ha aperto Twitter e ha visto un post che raccoglie alcune foto di Mariupol prima della guerra: spiagge affollate, discoteche all’aperto e un selfie di due ragazze sulle montagne russe del luna park. “Spero un giorno di poterci tornare, non credo ci potrà mai più essere il luna park”. I soldati russi stanno tagliando in due la città, avanzano da ovest e da est per ricongiungersi al centro. Zelensky ha detto ai soldati: se riuscite, scappate. Gli hanno risposto che continuano a combattere. Secondo l’Institute for the Study of War, anche se gli ucraini non si arrendono Mariupol cadrà entro due settimane.