la guerra in ucraina in tv
In Francia invece delle presidenziali si parla del ruolo di Macron di mediatore in chief
Nei talk-show le elezioni sono passate in secondo piano. Così la televisione francese racconta la guerra in Ucraina
Parigi. Nei talk-show e nelle pagine di opinioni dei quotidiani francesi, la guerra in Ucraina ha sovrastato qualsiasi altro tema, tanto da far quasi dimenticare che tra pochi giorni si terranno le elezioni presidenziali. E la “diplomazia del telefono”, così è stata ribattezzata, del presidente della Repubblica Emmanuel Macron, riscuote un consenso pressoché unanime. Dal Monde al Figaro, il suo ruolo di mediatore in chief con il presidente russo Vladimir Putin per conto dell’Europa è un messaggio potente che la Francia sta mandando al mondo. “Dobbiamo essere contenti degli sforzi di Emmanuel Macron per garantire l’unico canale diplomatico con Putin; la Francia rivendica in questo modo il suo rango, quello di principale potenza militare dell’Unione europea e del blocco europeo della Nato, oltre alla congiunturale presidenza di turno dell’Ue, e accresce la sua credibilità”, ha detto al Figaro Frédéric Encel, saggista ed esperto di geopolitica, che ha appena pubblicato “Les voies de la puissance. Penser la géopolitique au XXIème siècle”.
Encel, come la stragrande maggioranza dei commentatori francesi, è convinto che la posizione del governo di Parigi, ribadita domenica dal ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian, ossia “continuare a dialogare con Putin” senza demonizzazioni à la Biden, sia la via giusta. “Sono a favore di un equilibrio tra l’inevitabile necessità politica di prendere in considerazione le realtà e l’obbligo umanistico di tentare qualsiasi cosa per migliorare queste realtà. Nel caso della crisi ucraina, l’emozione e la rabbia sono assolutamente giustificate dinanzi a un’offensiva russa brutale e illegale, ma resta il fatto che non abbiamo alternative, a breve termine, alla negoziazione con un Putin che si è costituzionalmente fabbricato una presenza a vita al vertice dello stato russo”, ha spiegato Encel, prima di aggiungere: “La Russia resterà ad vitam aeternam nell’immediato est dell’Europa e dunque bisognerà costruire con lei un’architettura di pace e di stabilità. A maggior ragione perché continueremo ad avere assolutamente bisogno delle sue favolose risorse di gas, quantomeno a breve e medio termine”.
Anche Jean-Éric Schoettl, uno dei massimi costituzionalisti francesi (è stato segretario generale del Consiglio costituzionale), ha sottolineato sul settimanale Marianne quanto sia importante evitare le escalation verbali e i toni incendiari contro Putin, proseguendo sulla via della negoziazione come sta facendo l’inquilino dell’Eliseo.
“Evitiamo il circolo vizioso dell’intimidazione reciproca, che porta a un’escalation tra nazioni (…). Bisogna offrire a Putin una porta d’uscita onorabile”, secondo Schoettl. “Se pensa che il nostro obiettivo sia quello di rovesciarlo o di trascinarlo davanti alla Corte penale internazionale, sarà tentato dallo scenario peggiore. Dobbiamo garantirgli che la rimozione delle sanzioni deriverà dall’evacuazione dall’Ucraina che ha invaso nel 2022, e non condizionarla alla restituzione delle repubbliche secessioniste del Donbas e della Crimea”. In questo senso, sottolinea Schoettl in riferimento a certe prese di posizioni borderline del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, “dobbiamo essere capaci di far ragionare i nostri amici ucraini ed evitare dichiarazioni marziali intempestive”.
Tra le richieste considerate eccessive dagli osservatori parigini e dagli addetti ai lavori, c’è in primis l’invito lanciato da Zelensky a Auchan, Leroy Merlin e Renault a lasciare immediatamente Mosca se non vogliono continuare a essere “lo sponsor della macchina da guerra della Russia”. “I suoi appelli permanenti al boicottaggio dei prodotti francesi (Leroy Merlin, Auchan, Decathlon) sono tanto più eccessivi perché, attraverso il presidente Macron, la Francia resta in prima linea per trovare delle soluzioni al conflitto, sia umanitarie che diplomatiche”, ha commentato Robert Lafont, direttore del magazine economico Entreprendre. In Russia, secondo i dati del ministero dell’Economia di Parigi, sono circa 160 mila i lavoratori francesi, e una partenza precipitosa per ragioni morali, come vorrebbe Zelensky, sarebbe una catastrofe per la Francia, con perdite per miliardi di euro. “L’unico rischio restando in Russia è quello della reputazione”, ha detto al Parisien Olivier Attias del prestigioso studio di avvocati August-Debouzy, difendendo una linea di realpolitik commerciale. La partenza delle filiali dei grandi gruppi francesi (sono più di 500, ndr) presenti a Mosca andrebbe inoltre a rimpinguare le tasche di Putin, secondo il direttore del magazine Entreprendre. “In caso di partenza delle loro filiali in Russia, i nostri gruppi (Renault, TotalEnergies, Lactalis, Danone, Air Liquide) farebbero il più grande dei regali finanziari a Vladimir Putin, il quale ha già fatto sapere che procederebbe alla loro nazionalizzazione, senza pagarle. Arricchire il capo del Cremlino è veramente quello che stiamo cercando?”, si è chiesto Robert Lafont. Lo stesso pensiero è condiviso dall’economista liberale Jean-Marc Daniel, secondo cui le sanzioni economiche annunciate dalla comunità internazionale, e dunque anche dalla Francia, fanno male al popolo russo ma non ai dirigenti vicini a Putin e al capo del Cremlino stesso.
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