Facce da Putin

Vladimir Medinsky, Roman Abramovich, Ramzan Kadyrov. Ecco con chi ci tocca trattare

Paola Peduzzi

Il negoziatore “buono” che ha scelto per trattare con Kyiv è lo stretto collaboratore di Putin che di mestiere riscrive la storia russa: per il presidente ceceno, è troppo accomodante con gli ucraini. Poi c’è un oligarca che dice di essere interessato solo alla pace

L’intelligence inglese e quella americana riferiscono che Vladimir Putin non è stato correttamente informato dai suoi consiglieri, in particolare dal ministro della Difesa, Sergei Shoigu, sull’andamento della guerra in Ucraina e che questo abbia contribuito agli errori fatti dalla Russia nella prima fase della sua campagna militare. Il problema è noto: nessuno ama dare brutte notizie al proprio capo, ma questo ha molto a che fare non solo con le debolezze dei consiglieri ma anche con la natura del capo. Lo stesso capo che fa dire ai suoi che le operazioni russe in Ucraina si concentreranno sul Donbas ma intanto continua a bombardare nel resto del paese, occupa un territorio ben più largo del Donbas e non abbandona le altre postazioni, anzi firma una legge per arruolare altri 135 mila coscritti. Forse il problema non è che Putin non è al corrente di come sta andando la guerra: è che stiamo capendo male noi. Anche perché dobbiamo fidarci dei negoziatori russi o dei mediatori ambigui come può essere un Roman Abramovich, che magari oggi è davvero interessato alla pace, ma non sono né la pace né la neutralità gli obiettivi che si è posto finora nella vita.

 

Il capo negoziatore russo, Vladimir Medinsky, già professore onorario dell’Università Ca’ Foscari (insignito nel 2014), è secondo l’impostazione il cosiddetto poliziotto buono. Il buono di questa storia, classe 1970, è stato ministro della Cultura dal 2012 al 2020, è un accademico prolifico, un appassionato di storia militare, che durante il suo mandato ha costruito l’offensiva contro artisti, giornalisti, scrittori, registi che, diceva lui, di mestiere facevano i propagandisti del messaggio “la Russia è merda”. Nel 2020 dovette lasciare l’incarico perché fu accusato di plagio: la sua tesi di dottorato che risaliva al 2011. Il titolo della tesi era: “I problemi di oggettività nella copertura della storia russa dalla seconda metà del XV secolo al XVII”. Putin lo prese come suo assistente personale e negli ultimi due anni, Medinsky si è messo a riscrivere i testi di storia che si studiano a scuola e a fare lezioni di storia su YouTube. Quando si dice che Putin riscrive la storia e la memoria del suo paese (e dell’Ucraina), bisogna pensare che il negoziatore “buono” che ha scelto per trattare con Kyiv è il suo stretto collaboratore che di mestiere riscrive, appunto, la storia russa. E lo fa con successo: la sua serie di libri su “I miti riguardo la Russia” è stata un bestseller. L’ultima cosa che ha scritto Medinsky prima di comparire come capo negoziatore era un post su Instagram in cui già compariva tra gli hashtag l’oscena “z”. 

 

Perché diciamo che Medinsky è il buono? Perché due giorni fa il presidente ceceno, Ramzan Kadyrov, ha girato un video in cui dice che il capo negoziatore è troppo accomodante con gli ucraini. Kadyrov è il cattivissimo, il torturatore sanguinario che aiuta Putin in Ucraina, quello che dice che l’esercito russo sta andando “casa per casa per liberare Mariupol dalle bande naziste”, ed è vero che sta facendo così, con tutta la brutalità di cui è capace Kadyrov, ed è enorme e senza scrupoli. Il presidente ceceno dice di essere lui stesso a Mariupol, si fa fotografare mentre prega rivolto alla Mecca, e dietro di lui c’è una pompa di benzina Rosneft che a Mariupol non esiste. 

 

Poi c’è Abramovich, che forse ci sembra il più credibile perché pensiamo di conoscerlo meglio. Maria Pevchikh, che fa parte del team di Navalny che denuncia la corruzione del putinismo, ieri ha ricordato un paio di cose su Abramovich: nel 1997 comprò dallo stato russo la società petrolifera Sibneft per circa 100 milioni di dollari, nel 2005 l’ha rivenduta allo stato per 13 miliardi di dollari; fino a poco tempo fa aveva una partecipazione (con lo stato) in Channel One, una delle più solide macchine di propaganda russa travestite da canale di informazione. Oggi Abramovich, proprio come Medinsky, dice di essere interessato soltanto alla pace. Ci siamo già fatti molte illusioni su cosa intende Putin quando dice guerra: non facciamocele anche quando dice pace. 

 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi