La Russia è una pompa di benzina, da sanzionare
Nel 2014 John McCain definiva il regime di Putin "una pompa di benzina mascherata da Paese”, invocando sanzioni su gas e petrolio. Tocca farlo ora, con i prezzi alle stelle, proprio perché l'Occidente ha scelto di non farlo otto anni fa
In un commento sul Wall Street Journal, il dissidente russo e grande campione di scacchi Garry Kasparov ha scritto che “la Russia di Putin è una pompa di benzina in bancarotta gestita da una mafia”. Per quanto sia imprecisa, nel senso che non è ancora in bancarotta, la definizione della Russia come di una “gas station” non è nuova. Il primo a evocare questa immagine fu il senatore repubblicano John McCain nel 2014 quando, proprio a proposito dell’inizio della crisi in Ucraina, disse al Senato: “Non ho illusioni o preoccupazioni per il futuro a lungo termine della Russia. La Russia ora è una pompa di benzina mascherata da Paese”.
All’epoca, proprio perché vedeva un paese corrotto e troppo dipendente dalla rendita petrolifera, McCain riteneva importante l'adozione di sanzioni per fermare Putin e il suo progetto imperialista sull’Ucraina. L’occidente, e soprattutto l’Europa, scelse l’appeasement. Ora ci ritroviamo, con otto anni di ritardo, in una situazione molto più grave a dover adottare le misure più dure suggerite allora. La differenza è che nel 2015, dopo l’annessione illegale della Crimea e il conflitto nel Donbas, la Russia entrò in recessione per il crollo del prezzo del petrolio ed era possibile colpirla più incisivamente. Ora invece tocca agire mentre il prezzo del greggi è ai massimi storici e assicura a Putin un flusso consistente di valuta forte, tale da far sopportare le sanzioni e finanziare la guerra in Ucraina. In ogni caso, la metafora della Russia di Putin come di una “pompa di benzina” è utile per capire che tipo di sanzioni l’Occidente ha adottato ora e che impatto possono avere sull’economia russa.
Con l’esclusione di alcune delle principali istituzioni finanziarie russe dal sistema dei pagamenti internazionali Swift è come se avessimo creato dei grossi problemi ai conti correnti della società che gestisce il distributore di carburante per fare movimenti bancari. Con il congelamento di circa la metà delle riserve della Banca centrale russa, è come se i paesi occidentali avessero bloccato la metà degli asset accumulati e del conto titoli del benzinaio. Con le sanzioni individuali e il congelamento dei beni a esponenti politici e oligarchi russi è come se i paesi occidentali avessero messo sotto sequestro alcune delle proprietà degli amici del proprietario della pompa di benzina. Con le sanzioni commerciali, ovvero con il divieto all’esportazione in settori specifici come i beni di lusso, i semiconduttori, l’informatica, la tecnologia nel settore della raffinazione del petrolio e dell’energia, è come se l’Occidente avesse impedito al benzinaio di acquistare pezzi di ricambio per mandare avanti la propria attività. Con l’invito e la scelta autonoma di molte multinazionali occidentali di lasciare la Russia è come se il bar dell’area di servizio si fosse venuto a trovare senza molti fornitori e quindi senza molti prodotti sugli scaffali, che peraltro sono più difficili da vendere per i problemi con le banche.
Come è evidente, tutto questo crea problemi al proprietario dell’area di servizio e produce un crollo degli affari, ma non lo manda in bancarotta perché il suo core business, che è appunto la vendita di carburante, è più florido che mai. E i clienti occidentali non hanno messo sanzioni sul conto corrente attraverso cui si vende la benzina (Gazprombank) né hanno smesso di comprarla, perché non sono riusciti a trovare un’altra pompa nei paraggi che abbia benzina a sufficienza e prezzi accettabili, né possono smettere di usare l’auto. In questa situazione, però, la pompa di benzina Russia, quella che rifornisce i mezzi che bombardano e assediano le città ucraine, può andare avanti ancora a lungo. Bisogna fare qualcosa in più su gas e petrolio, che per il benzinaio Vladimir rappresentano circa 1 miliardo di euro di entrate al giorno dalla sola Ue.
L’Ue ha lanciato la strategia REPowerEU che ha l’obiettivo di ridurre di quasi due terzi l’importazione di gas dalla Russia entro il 2022 e di rendere l’Europa completamente indipendente dai combustibili fossili russi prima del 2030. Come diceva McCain, nel lungo termine il destino della pompa di benzina è segnato, ma è necessario fare qualcosa di più subito, anche se ha un costo elevato, proprio perché non si è fatto nulla in questi otto anni.