Un miliziano del governo golpista di Bamako (foto Ansa)

Bucha è un metodo: le stragi dei russi in Mali

Luca Gambardella

I sopravvissuti alle esecuzioni sommarie dei mercenari di Putin raccontano come funziona la guerra del Cremlino in Africa

“Ho vissuto nel terrore ogni minuto, ogni secondo, pensando che sarebbe stato il mio turno, che mi avrebbero preso e ucciso. Anche quando mi è stato detto che potevo andare ho temuto fosse una trappola. Mentre camminavo, lentamente, tenevo una mano sul petto per trattenere il respiro, aspettando che un proiettile passasse attraverso il mio corpo”. Questa e altre decine di testimonianze raccolte dall’ong Human Rights Watch arrivano da Moura, un villaggio di difficile accesso nel centro del Mali, nella provincia di Djenné. Per quattro giorni e quattro notti, dal 27 al 31 marzo, gli uomini dell’esercito maliano coadiuvati dai mercenari russi del Gruppo Wagner hanno massacrato centinaia di civili.

 

Le testimonianze raccolte dall’ong non suonano così diverse da quelle che arrivano in questi giorni  dalle macerie di Bucha. In Ucraina come in Mali – e pure in Siria, Libia, Mozambico, Sudan, Repubblica centrafricana, dove sono schierati da tempo – i russi hanno adottato lo stesso metodo: il massacro sistematico dei civili. Secondo le ong, a Moura sono state uccise oltre 300 persone, quasi tutte vittime di esecuzioni per mano dei mercenari. Secondo Human Rights Watch, è stata “la più grave atrocità commessa nel paese in dieci anni di guerra”. Il fatto che i responsabili siano soldati di una società privata – legata all’oligarca Yevgeny Prigozhin, amico di Vladimir Putin – non diminuisce le responsabilità del Cremlino. I mercenari sono una specie di corpo ausiliario dell’esercito russo, servono a proseguire la guerra con altri mezzi. Privi di insegne militari, fatta eccezione per il teschio che ride, simbolo della compagnia, gli uomini del gruppo Wagner sono stati la testa di ponte del Cremlino in Africa, liberi di agire impunemente al fianco dei paesi africani che chiedevano aiuto a Mosca nella loro guerra contro separatisti e combattenti islamici. Per l’Onu e le ong, dietro a queste guerre si celano innumerevoli violazioni dei diritti umani commesse dai russi contro civili colpevoli solamente di vivere in zone contese da combattenti islamici e bande criminali. Anche nel caso di Moura sembra che si sia seguito lo stesso copione. Il governo del Mali aveva detto di avere neutralizzato 203 jihadisti. Poi però sono arrivate le testimonianze dei residenti e ha dovuto aprire un’inchiesta.     

 

Le ricostruzioni dei sopravvissuti descrivono bene come funziona il metodo russo in Mali. L’operazione militare è iniziata nell’area del mercato di Moura, dove alcuni islamisti affiliati ad al Qaida nel Maghreb islamico si mescolavano ai residenti mentre facevano acquisti. All’improvviso sono comparsi in cielo almeno due elicotteri e sulla zona si sono paracadutate decine di uomini. Da quel momento e per i successivi quattro giorni nessuno è potuto fuggire dal villaggio. Agli ingressi c’erano “uomini bianchi che parlavano in modo strano”. Anzi, racconta chi si è salvato, “c’erano più bianchi che soldati” maliani. I civili sono stati divisi in gruppi di 4, 6 fino a 10 persone. “Ogni notte qualcuno veniva chiamato e ucciso. Avevo paura di guardare chi veniva portato via, perché temevo che avrebbero preso anche me – racconta un sopravvissuto – Poi sentivo qualcuno che gridava ‘oh mio dio, hanno preso Hassan o Hamidou!”. La precedenza si dava a chi era sospettato di essere un islamista, ma solo in base all’aspetto. “Alcuni di quelli che sono stati uccisi erano davvero jihadisti – racconta un testimone – ma molti altri sono stati giustiziati semplicemente perché erano stati costretti dai jihadisti a tagliarsi i pantaloni e lasciarsi crescere la barba”. Le testimonianze  descrivono la “caccia” dei russi ai sostenitori degli islamisti come una giostra macabra, fatta di esecuzioni sommarie. “Erano dieci oppure di più, tutti russi, e c’era un interprete dell’esercito maliano – racconta un altro – Chiedevano se sapessimo perché eravamo stati arrestati. Ci hanno spiegato che tutti coloro che appartenevano alla tribù dei Peuhl avevano aderito alla causa jihadista. Un altro russo ha puntato a mio fratello e a un altro. Pensavo li portassero via per interrogarli. Li hanno fatti allontanare per diversi metri. All’improvviso li hanno giustiziati”. 

 

Gli Stati Uniti hanno chiesto un’indagine internazionale su quanto è accaduto, perché in Mali i militari occidentali e quelli dell’Onu non sono più benvenuti dal governo golpista ed è difficile avere notizie verificate.  Putin trae vantaggio da questa zona d’ombra e da anni continua a guadagnare influenza in Africa con massacri come quello di Moura, che somigliano molto a quelli scoperti ora alle porte dell’Europa.  Finora la strategia russa ha pagato. Giovedì, all’Assemblea generale dell’Onu solo dieci stati africani hanno votato a favore dell’espulsione della Russia dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.  

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.