Di quali armi ha bisogno Kyiv per vincere la guerra

Micol Flammini

Il segretario della Nato Stoltenberg ha detto che ormai la differenza tra mezzi offensivi e difensivi ha poco senso. Il conflitto sta cambiando e gli ucraini si presentano dagli alleati con una "lista della spesa" con carri armati, aerei, artiglieria pesante

È tutta un’altra guerra quella che i soldati ucraini si troveranno a combattere nelle prossime settimane e giovedì il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha fatto capire che anche l’approccio degli alleati occidentali sulle armi sta cambiando.  L’esercito russo vuole concentrare l’offensiva nel Donbas, e punta a circondare l’esercito ucraino da nord, da sud e da est  con uomini appena arrivati, con milizie mercenarie, con i soldati che a sud stanno lentamente conquistando un bottino di territorio importante.  È un conto alla rovescia per l’esercito di Kyiv, e gli americani hanno avvertito che molto dell’andamento della guerra dipenderà da cosa accadrà nella città di Slovyansk: se gli ucraini non la perderanno, i calcoli russi sul Donbas potrebbero fallire. Nello stesso tempo le forze russe stanno bombardando città come Rubizhne, Lysychansk, Popasna e Severodonetsk, controllate da Kyiv: sono importanti perché il loro controllo consentirebbe alla Russia di andare verso ovest e collegarsi con le forze russe che pianificano di spostarsi a sud-est di Izyum. Molta attenzione si concentra anche sulle linee ferroviarie, il cui controllo serve a Mosca per spostare truppe e rifornimenti. 

 

La Russia si riorganizza e anche Kyiv deve farlo per aiutare gli uomini che sono sul fronte del Donbas. Sono le dieci brigate della Operacija Obednanikh Sil, la Joint Forces Operation, considerate le meglio equipaggiate e le meglio addestrate dell’Ucraina e che l’esercito di Putin vorrebbe circondare con una morsa a tenaglia. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha parlato alla riunione della Nato e ha detto che Kyiv ha tre richieste: “Armi, armi, armi”. secondo l’intelligence britannica, con i mezzi giusti, gli ucraini potrebbero non solo respingere i russi, ma “spezzarli”: anche Peskov ha ammesso che le perdite sono state ingenti. Gli Stati Uniti nei giorni scorsi hanno inviato missili Javelin, la cui efficacia potrebbe ridursi contro i  carri armati che arrivano dalla Russia, più resistenti di quelli usati finora.  Kyiv avrebbe presentato alla Nato una “lista della spesa” con aerei, carri armati, veicoli corazzati, artiglieria a lungo raggio, missili antinave e sistemi di difesa antiaerea. Le armi che chiede l’Ucraina ora  sono più pesanti, come i sistemi missilistici  S-300, che consentirebbero di contrastare meglio l’aviazione russa. Kyiv prevede operazioni su larga scala,  Mosca  cercherà di vincere  con tutti i mezzi e gli uomini a disposizione, anche se stremati, e Kuleba ha detto che lo scontro nel Donbas sarà come la  Seconda guerra mondiale. 

 

Dalla Repubblica ceca, sta ricevendo carri armati T-72 di progettazione sovietica e alcuni pezzi di artiglieria come obici e veicoli corazzati BMP-1. Secondo alcune speculazioni anche la Polonia si sta preparando a mandare carri armati, e il Regno Unito valuta l’invio di mezzi corazzati per il  pattugliamento. I punti deboli di Kyiv rimangono l’aviazione e l’artiglieria pesante, ma i  partner occidentali finora sono stati titubanti sull’invio di armi offensive. Giovedì però qualcosa è cambiato e  Stoltenberg ha detto che gli aiuti all’Ucraina saranno rafforzati: “La divisione tra armi offensive e armi difensive ha poco senso, visto che l’Ucraina si sta difendendo da un’aggressione e ha il diritto di farlo”. Sarebbe un cambio di passo importante per Kyiv e il segnale forte che gli occidentali avrebbero superato un tabù.

 

Rimane aperta la questione dell’aviazione, il vantaggio numerico della Russia  preoccupa e per questo l’Ucraina ha chiesto ripetutamente di fornirle i  MiG-29, caccia   di produzione sovietica che gli ucraini sanno già pilotare e con i quali stanno facendo esercitazioni nella base di Ivano Frankivsk. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)