Nella Francia al voto va di moda la tonalità rossobruna. Situazione drammatica
Le Pen aumenta nei sondaggi e al secondo turno potrebbe ottenere i voti anche della sinistra radicale. Putin è il rassembleur dei renitenti alla pratica delle libertà civili
Una tonalità rossobruna è per ogni dove. I comunicati dell’Anpi mimano quelli di Steve Bannon, per dire, e si portano avanti con il lavoro anche rispetto a CasaPound. E per adesso qui come sempre quisquilie, aspettano il momento della verità per salviniani in felpa militare e pacifista (fa lo stesso) e grillozzi imbizzarriti. Ma in Francia è diverso, la situazione si fa seria e anche drammatica. Siamo tenuti a sperare, che è bello in umanità ma in politica è poco.
Zemmour vabbè, ha perso la Zeta elettorale che aveva largamente anticipato l’altra Zeta. Ma gira intorno al dieci per cento e ora interpreta il ruolo dell’ebreo errante, questo disgraziato con gli occhialini populisti e volitivi. Le Pen ha stracciato la foto con Putin, che aveva approntato per la campagna di donna di stato, e tra il venti e il venticinque per cento dei francesi giocano a fidarsi o le tributano entusiasmo, tra questi si stima che per il secondo turno accorra un terzo degli elettori di sinistra radicale, qualunque cosa questo significhi, riuniti tra il quindici e il venti per cento intorno a Mélenchon. Il quale ha passato il suo tempo recente e si spera finale tra elegie resistenziali, lotta di classe, Caracas e Mosca.
La destra repubblicana di Pécresse, estranea per lo più all’ideologia francese e alla sua antica vocazione rossobruna, evocata da uno spaventato Bernard-Henri Lévy, se la passa male, assembla nemmeno un dieci per cento. E il grande centro riformista di Macron rischia il suo naturale vantaggio, perché il presidente che ha ridotto la disoccupazione e aumentato il potere d’acquisto dei francesi è percepito come il presidente dei ricchi. L’elettorato cosiddetto popolare anche in Francia è in vena di avventure bicolori, e preme da destra e da sinistra con le stesse mitologie del nuovo conformismo rivoltoso e scorretto.
Le élite occidentali, gli amici della Nato, e tutti quelli che stanno con gli occhi aperti e senza dogmatismi nell’alleanza complicata delle democrazie contro il semplicissimo neoimperialismo russo, sono sottoposte a un processo tra il reale e il virtuale, si sono raggruppate a difesa di un patrimonio solido, pace prosperità libertà e sempre maggiore eguaglianza delle opportunità e delle condizioni reali dei popoli nel mondo, ma devono fare conti sempre meno facili con la penetrazione dell’opinionismo social di autocrati e loro amici, delle sue tecniche di mistificazione già individuate da Orwell.
Rossobruno vuol dire cinismo, indifferenza rispetto ai criteri di esistenza, di vita, di verità che cerca di tenere insieme il mondo vitalissimo e ancora potente, ma un po’ scornacchiato, del liberalismo politico. Quel trombone efficace di Mélenchon ha trovato il modo di mescolare bene i colori con una delle sue assonanze tribunizie: chi dà l’assalto da destra è un fâché non facho, un radicalizzato non fascista, e da destra idealmente tendono la mano agli arrabbiati che non bevono il pensiero dominante delle democrazie liberali. Putin con il suo swagger da uomo forte, lo zarismo con la bandiera sovietica svettante sui carri armati invasori, e con le sue truppe siberiane e cecene, con i suoi missili e ricatti nucleari, è il punto di incontro perfetto e il rassembleur dichiarato dei renitenti alla pratica delle libertà civili.