pronto a governare?
In Francia Mélenchon ci crede ancora e conta di strappare consensi ai lepenisti
Si tratta della terza candidatura all’Eliseo per il guru della sinistra radicale che è sicuro di avere le sue chance, nonostante l’ultima rilevazione lo attesti in terza posizione con il 17,5 per cento
Parigi. “Sono pronto a governare”, dice a tutti Jean-Luc Mélenchon, il guru della sinistra radicale francese, più convinto che mai di poter essere la sorpresa di queste presidenziali e di smentire politologi e commentatori secondo cui la finale sarà ancora una volta Macron-Le Pen. “In questo momento il nostro destino è nelle nostre mani. Possiamo essere i protagonisti della più incredibile biforcazione politica”, ha detto il leader della France insoumise a Lille martedì, mentre i suoi undici ologrammi riproducevano il suo discorso in simultanea in tutto il paese, da Nizza a Le Havre. Biforcazione per allontanare la Francia, secondo Mélenchon, dall’“allucinazione neoliberale” macronista e per “rompere economicamente con un sistema folle che vuole mercificare ogni cosa” a favore di una “società di mutuo soccorso”.
Mélenchon, da tribuno navigato, è il più abile tra i candidati ad arringare la folla con formule grandiloquenti come “rivoluzione femminista” e “assemblea costituente per una Sesta Repubblica”. Ma sa anche parlare a quegli elettori di destra che non sono così certi di voler dare la propria preferenza a Le Pen o a Zemmour, ma nemmeno a Valérie Pécresse, la candidata dei Républicains, il partito gollista. Martedì, si è rivolto a loro descrivendoli come “fâchés mais pas fachos”, arrabbiati ma non fascisti. “Come potete sostenere delle persone che sono così distanti dalle vostre preoccupazioni di vita quotidiana?”, ha attaccato Mélenchon, riferendosi in particolare alla presidente del Rassemblement national, e aggiungendo di voler “porre fine a questa mistificazione”.
Il presidente della France insoumise è consapevole della porosità tra i suoi elettori e quelli lepenisti, dell’esistenza di una sinergia rossobruna che potrebbe favorire o lui o la figlia di Jean-Marie Le Pen, a seconda di chi andrà in finale. Per la maggior parte degli elettori mélenchonisti, la presidente Rn è vista come il male minore rispetto a Macron, dunque la candidata da votare in vista di un’eventuale riedizione del 2017. “Il 60 per cento degli elettori di Mélenchon voterà per Marine Le Pen al secondo turno. E non alle 19.59. Tutta la giornata. Per convinzione. E’ da cinque anni che fanno fronte comune. Le Pen vs Mélenchon = Le Pen vs Le Pen”, ha twittato il filosofo liberale Raphaël Enthoven, mettendo in guardia dal pericolo rossobruno che potrebbe stagliarsi all’orizzonte. Si tratta della terza candidatura all’Eliseo per Mélenchon, nato a Tangeri, in Marocco, nel 1951, in una famiglia di pieds-noirs, trasferitosi in Francia nel 1962 dopo il divorzio dei genitori e cresciuto politicamente nelle fila del Partito socialista che fu di Mitterrand. Dopo essere stato ministro dell’Istruzione del governo Jospin dal 2000 al 2002, Mélenchon ha iniziato progressivamente ad allontanarsi dal Ps, fino allo strappo con Ségolène Royal nel 2008 per divergenze ideologiche e la fondazione del suo Partito di sinistra, diventato poi Fronte di sinistra e infine France insoumise. Nel 2017, mentre il Ps rappresentato da Benoît Hamon raccoglieva poco più del 6 per cento, lui quasi sfiorava il secondo turno con il 19,5 per cento. Questa volta i socialisti, con la sindaca parigina Anne Hidalgo, potrebbero a malapena superare il 2 per cento, e lui, nonostante l’ultima rilevazione lo attesti in terza posizione, con il 17,5, è sicuro di avere le sue chance.
Il principale motivo si chiama “voto utile”. Sempre più elettori socialisti ed ecologisti sono dell’idea che per scongiurare un Macron-Le Pen bis in finale bisogna turarsi il naso e puntare su Mélenchon. Gli ultimi saliti sul carro mélenchonista sono i ragazzi e le ragazze di Génération.s, il movimento fondato dall’ex socialista Benoît Hamon. “Non possiamo rassegnarci ad assistere a un secondo turno deprimente e pericoloso tra Macron e Le Pen, dove le nostre idee sarebbero totalmente escluse. Dinanzi all’urgenza ecologica e sociale, non possiamo attendere un altro quinquennio. A pochi giorni dal primo turno esiste una speranza”, ha detto a Libération Romain Jehanin di Génération.s. Una speranza chiamata Mélenchon.