Le conseguenze
La guerra in Ucraina mette alla prova le aspirazioni europee
Il conflitto nel cuore del continente sollecita l'esigenza di un'Europa politica forte nelle sue radici e soprattutto nei suoi valori democratici
Nella prefazione al volume edito pochi mesi fa da Italiadecide, dedicato al trentesimo anniversario del Trattato di Maastricht e che presenteremo lunedì prossimo con Giuliano Amato, Mario Monti, Marina Giannetto e Mariuccia Salvati all’Archivio storico della presidenza della Repubblica, spiegavamo che non intendevamo solo ricostruire dal punto di vista storico, giuridico e politico il percorso che vi condusse, bensì riproporre il convincimento di un’Europa politica forte nelle sue radici, nelle sue ispirazioni democratiche, solidamente ancorata ai suoi valori di libertà, uguaglianza, solidarietà e sottolineare la necessità di compiere il passaggio dall’Unione monetaria all’Unione politica. Aggiungevamo che a rafforzare quel convincimento e quella necessità c’erano “i nessi di interdipendenza che la stessa pandemia ha proposto, ma anche il risorgere di nazionalismi che minano le libertà, calpestano la dignità umana e soffocano la democrazia, nonché il timore che accanto all’Europa che abbiamo costruito, ma non compiuto, un’altra ne sorga, che abbia altre stimmate e che minacci, proprio contraddicendolo, il difficile cammino verso l’integrazione politica”. Una fotografia premonitrice. Non immaginavamo allora l’invasione russa dell’Ucraina e il tragico conflitto che ne è derivato.
Drammaticamente, le nostre inquietudini hanno preso corpo. Quel convincimento sulla necessità di un’Europa politica forte e compiuta si misura oggi su di uno scenario che vede la guerra nel cuore del continente e l’ambizione russa di segnare un dominio territoriale che arrivi a controllare il Mar Nero e (forse solo per l’intanto) il territorio della nazione Ucraina, fondando questa pretesa sulle ragioni del nazionalismo. Come conseguenza è morte, distruzione, disastro umanitario e tentativo di cancellare identità e forme democratiche di quel paese. Dall’altra parte, tra i paesi dell’Unione, matura in queste settimane una più acuta consapevolezza di un destino condiviso. Una nuova necessità sollecita all’adozione di posizioni comuni e di uno stretto coordinamento in materia di politica estera e di difesa, due dei capitoli sui quali più faticosamente si percorre da troppi anni la strada dell’unione politica. Sono certamente segnali positivi, che manifestano come viva e necessaria, in questa fase, l’esigenza di portare a un’unica coerenza le politiche dei diversi paesi, ma saremmo ciechi se ci fermassimo a compiacerci di questi risultati. Essi sono frutto di una drammatica emergenza, ma non possiamo dimenticare che il cammino verso la compiuta integrazione non ammette scorciatoie, che uno stretto coordinamento non può sostituire una politica comune, e parallelamente che, sul piano istituzionale, non si può eludere il nodo del superamento del metodo intergovernativo, né quello del continuo impegno sul fronte della qualità della democrazia e del rispetto dei valori fondanti dell’Unione, anche tra i paesi membri.
Oggi, purtroppo, la parola “democrazia” si aggettiva anche con la parola “illiberale” e ne sono prova regimi di paesi che fanno parte dell’Unione.
La crisi ucraina ci ripropone con urgente necessità il tema del senso stesso dell’unità europea e dovrebbe essere questo il cuore di una franca discussione politica sul destino dell’Europa tra i paesi che la compongono.