Armi e ricostruzione

Per superare l'impasse sull'embargo, l'Ue può lavorare ad altri aiuti. La proposta estone

David Carretta

Le armi e un conto bloccato per la ricostruzione dell’Ucraina. Come la premier estone Kaja Kallas vuole fermare Putin

Bruxelles. L’Alto rappresentante, Josep Borrell, ieri ha trovato una nuova linea difensiva per giustificare l’incapacità dell’Unione europea di trovare un accordo su un embargo contro petrolio e gas russi. L’offensiva del Donbas ci sarà “con o senza sanzioni. Che si compri gas o meno, nei prossimi giorni l’esercito russo avrà i mezzi per  fare la guerra” e l’Ue deve “concentrarsi sugli aiuti militari” all’Ucraina, ha detto Borrell al termine della riunione con i ministri degli Esteri dei ventisette. L’Alto rappresentante ha assicurato che c’è stata una “discussione generale” su un embargo del settore petrolifero, ma “nessuna decisione”. Diversi paesi hanno chiesto “un approccio massimalista” alle sanzioni contro la Russia (l’espressione è del ministro irlandese Simon Coveney). Lo stesso Borrell ha riconosciuto che è “importante iniziare dal petrolio che rappresenta una frattura pesante ed è più facile da sostituire” del gas. Ma l’opposizione di Germania, Austria, Ungheria e Lussemburgo impedisce un accordo unanime dentro l’Ue anche solo sul petrolio.

 

La Commissione sta lavorando sul sesto pacchetto di sanzioni, che potrebbe essere presentato dopo Pasqua. Per aggirare l’impasse, potrebbe vietare le importazioni solo di alcuni prodotti raffinati. L’approccio rimarrebbe graduale e minimalista. Eppure nell’Ue non mancano idee per superare lo stallo con soluzioni creative, che permetterebbero di guardare anche al futuro dell’Ucraina. La premier estone, Kaja Kallas, ha proposto di creare un conto bloccato, dove far convogliare i pagamenti delle forniture energetiche russe da usare almeno in parte per la ricostruzione dopo la guerra. (Carretta segue nell’inserto IV)

 

Un mese e mezzo di guerra di Putin ha inflitto un costo elevatissimo all’Ucraina. Secondo le previsioni della Banca mondiale, il pil ucraino subirà una contrazione del 45 per cento nel 2022. Ieri la Kyiv School of Economics ha pubblicato le stime delle perdite dal 24 febbraio, collocandole tra i 564 e i 600 miliardi di dollari. I danni diretti alle sole infrastrutture ammontano a 80 miliardi: 23 mila chilometri di strade, 37 mila metri quadrati di abitazioni, 319 asili, 546 scuole e 205 ospedali. Almeno 145 fabbriche sono state distrutte, danneggiate o sequestrate. E la lista non è esaustiva. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha promesso un Trust fund di solidarietà con l’Ucraina che potrebbe servire da base per la ricostruzione.

 

La scorsa settimana il commissario al Bilancio, Johannes Hahn, ha evocato la necessità di “un modello aggiornato di piano Marshall”. Ma finora l’Ue si è concentrata soprattutto sugli aiuti ai rifugiati. Il think tank Centre for Economic Policy Research ha stimato i costi tra i 200 e i 500 miliardi di euro e ha invitato a cominciare a preparare subito la ricostruzione. Secondo lo studio, uno dei punti del piano Marshall per l’Ucraina deve essere di preparare il paese a qualificarsi per l’adesione all’Ue. “L’aiuto dovrebbe spingere l’Ucraina a diventare un membro dell’Ue e “creare incentivi per allineare il suo ambiente giuridico agli standard dell’Ue (incluso il quadro anticorruzione), promuovere il libero scambio e attrarre investimenti stranieri diretti”, dice il  Centre for Economic Policy Research. 

 

“Se non siamo pronti a fermare subito gli acquisti di idrocarburi, dovremo creare un conto bloccato speciale vincolato per mettere via una parte del denaro pagato per petrolio e gas russi”, ha spiegato l’estone Kallas la scorsa settimana: “Questo ridurrebbe rapidamente le entrate ricevute dal Cremlino e invierebbe un messaggio chiaro a Putin: ‘Pagherai per tutto quello che distruggi’”. Nelle vecchie guerre, gli accordi di pace prevedevano le riparazioni. Secondo Kallas, “una quota significativa” delle risorse nel conto bloccato dovrebbe “andare al futuro piano di ricostruzione dell’Ucraina”. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha parlato più volte di un conto vincolato. L’idea potrebbe essere usata nell’ambito di un’iniziativa sul tetto al prezzo del gas. Ma finora non non sono stati forniti i dettagli. Alcuni paesi temono che la mossa potrebbe spingere Putin a tagliare il gas. Una soluzione meno rischiosa sarebbe di promettere di versare alla Russia i fondi sul conto bloccato una volta che avrà accettato un cessate il fuoco. Nel frattempo, però, la guerra va avanti. Ieri i ministri degli Esteri dell’Ue almeno si sono trovati d’accordo nell’aumentare da 1 a 1,5 miliardi i finanziamenti per le armi all’Ucraina.

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