Cosa succederà dopo Mariupol

Micol Flammini

Non è finita, dice Kyiv difendendo la città-fronte con 21 mila morti. L'esercito ha ormai cambiato atteggiamento e aumenta anche le azioni oltre confine, segno del fatto che non ha intenzione di limitarsi alla difesa 

 Il sindaco di Mariupol, Vadym Boychenko, ha detto che in città sono stati uccisi più di ventimila civili. La battaglia si concentra nel porto, che i militari russi dicono di essere riusciti a isolare dai collegamenti con il centro della città, mentre gli ucraini continuano a difendersi nel complesso metallurgico di Azovstal. L’assedio va avanti da più di un mese e Mosca non ha  mai insistito in questo modo su altre città per tre motivi. Mariupol è molto strategica e consentirebbe di aprire il corridoio che collega il Donbas con la Crimea e i pesanti bombardamenti sono anche un monito per mostrare con che potenza la Russia potrebbe scagliarsi contro le città ucraine. Inoltre, terzo motivo, la battaglia di Mariupol sta scandendo le tappe dell’operazione nel Donbas e gli ucraini ritengono che la grande offensiva non ci sarà fino a quando Mosca non l’avrà conquistata. Contro la città portuale la Russia sta usando molti uomini e molta forza e soprattutto è il punto fondamentale per riuscire a circondare le forze ucraine che sono sul fronte del Donbas e che sono anche le meglio organizzate e allenate da oltre otto anni di guerra.

 

Kyiv continua a non considerare Mariupol persa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che “la difesa di Mariupol va avanti” e anche Vladimir Putin, che ieri era al cosmodromo di Vostochnj con il dittatore bielorusso Aljaksandr Lukashenka, ha detto che l’obiettivo “nobile” di proteggere il Donbas prosegue. Finora però la determinazione degli ucraini ha segnato la differenza tra l’esercito di Kyiv e quello di Mosca, che ha visto ridursi i suoi obiettivi dal 24 febbraio a oggi. Kyiv sta conducendo operazioni importanti per ritardare l’assalto russo, non si limita più a difendersi, ha chiaro cosa deve fare, probabilmente anche grazie all’aiuto dell’intelligence americana, e  due settimane fa aveva fatto irruzione nel cielo russo per colpire a Belgorod, poco distante dal confine, un deposito petrolifero. La Difesa ucraina ha negato l’attacco, ma negli ultimi giorni sono state danneggiate le ferrovie sempre nella regione di Belgorod e a Shebekino per rallentare il trasporto dei mezzi militari di Mosca. Tutti questi atti, che Kyiv  non conferma, segnano un cambio di passo importante nel modo di combattere degli ucraini, sempre più consapevoli  delle mancanze della Russia. Ieri i servizi segreti d Kyiv hanno catturato Viktor Medvedchuk, oligarca vicino al Cremlino con il qualesembrava  che Putin volesse  sostituire Zelensky,  altro punto a favore di Kyiv. 
   

Il segnale che per gli ucraini Mariupol non è ancora persa arriva da  Zelensky, che ha chiesto agli alleati  armi pesanti per “sbloccare Mariupol”: “Se avessimo aerei e abbastanza veicoli corazzati pesanti, l’artiglieria necessaria, saremmo in grado di farlo”. Un modo per dire che gli ucraini ci credono, sono gli altri che considerano Mariupol irrecuperabile. Negli ultimi giorni stanno venendo fuori storie incredibili di rifornimenti notturni dei soldati assediati, il comandante ucraino Valery Zaluzhny, uno degli architetti dell’esercito ucraino,  le ha vagamente confermate dicendo che il collegamento con le forze in città è stabile. La resistenza di Mariupol genera orgoglio e sfinimento, ogni giorno ci si chiede quanto potranno andare avanti i cittadini rimasti e i soldati stremati –  ieri un soldato inglese, Aiden Aslin, detto  Cossack Gundî, si è arreso con la sua unità, sono senza cibo e senza munizioni – e si inizia a  ragionare sul fatto che per aver resistito finora i soldati devono aver ricevuto qualche tipo di assistenza. Negli ultimi giorni si è parlato di blitz notturni con elicotteri organizzati per lasciare munizioni e portare via i feriti, non ci sono conferme, tuttavia lo stesso Zaluzhny ha detto che “i dettagli dell’operazione di difesa non dovrebbero essere oggetto di discussione pubblica”.

 

Mariupol racconta anche un’altra storia. Lunedì sera il battaglione Azov aveva parlato di un attacco chimico operato attraverso un drone e di soldati con difficoltà respiratorie. Nelle ore precedenti era stata Mosca ad annunciare la possibilità di usare armi chimiche contro i soldati: era un tentativo di diffondere il panico e spingerli ad arrendersi. Il governo di Kyiv, compreso il presidente Zelensky, ha detto che non c’erano prove, che la possibilità di uso di armi chimiche è alta, ma che  sull’attacco denunciato dal battaglione Azov non potevano esprimersi. Il viceministro della Difesa, Anna Magyar, ritiene  che potrebbe essere stato utilizzato del fosforo. Anche il Pentagono ha detto di non avere prove. Il metodo contrario alla propaganda di Mosca: verificare prima di parlare. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)