Così TikTok ha creato una bolla pro Putin nella Russia senza social
Un report del Washington Post svela come la guerra in Ucraina abbia sconvolto il panorama digitale russo, e come l'app di proprietà cinese ByteDance si sia trasformata in appena un mese in "un altro possibile canale di propaganda" di Mosca. Il cuore della questione è lo stretto legame con Pechino
“I nostri risultati mostrano inequivocabilmente che TikTok non è trasparente riguardo alle sue azioni in Russia”. A sostenerlo è Marc Faddoul, codirettore di Tracking Exposed, associazione no profit fondata nel 2016, che si occupa di monitorare il tracciamento degli utenti online. L’accusa si basa su un report condiviso con il Washington Post, in cui appare evidente come la guerra in Ucraina abbia sconvolto il panorama digitale russo, e come TikTok si sia trasformato in appena un mese in “un altro possibile canale di propaganda” putiniana. Per capire come sia successo occorre fare un passo indietro, tornando ai primi di marzo, quando in pochi giorni molti social e servizi digitali abbandonarono di colpo la Russia, in reazione all’invasione dell’Ucraina. Meta, Twitter, Apple, Microsoft, ma anche molti altri player disertarono il mercato russo, lasciando alle spalle un deserto fatto di social locali (come VKontakte), app con stretti legali con la Russia (come Telegram) e, appunto, TikTok.
Quest’ultimo, di proprietà della cinese ByteDance, sembra aver adottato un approccio simile a quello di Pechino rispetto al conflitto: qualche timida critica che non intacca la relazione “senza limiti” tra i due paesi. Di fatto, non solo TikTok non ha abbandonato la Russia e ha obbedito alle restrizioni imposte da Mosca, ma a partire dal 26 marzo scorso si è trasformata in una “città fantasma” in cui gli utenti che si connettono dalla Russia non possono accedere a nessun contenuto nuovo: la pagina “Per te”, il centro dell’applicazione, mostra solo video provenienti dal paese pubblicati prima della data. Poche eccezioni sono concesse a “post pro Putin che sono stati pubblicati tra il 6 e il 26 marzo scorso, aggirando la policy dichiarata da TikTok, che rimangono disponibili sulla piattaforma”. Queste voci a favore della guerra, della “denazificazione” dell’Ucraina e dell’operato di Vladimir Putin si aggirano in un social altrimenti atrofizzato, indisturbati da contenuti contro la guerra o sugli eccidi dell’esercito russo, che sono del tutto assenti. Il cuore della questione è lo stretto legame tra TikTok, ByteDance e la Cina, nonostante gli sforzi di internazionalizzazione degli ultimi due anni. Come ha commentato un ricercatore di Tracking Exposed, “le persone che prendono le decisioni sul prodotto e le policy sono a Pechino”.
Un’indagine dello scorso giugno della Cnbc aveva portato in luce gli stretti legami tra divisione statunitense di TikTok, situata a Los Angeles, e gli headquarter pechinesi. Da allora ByteDance ha promesso di spostare i dati relativi agli utenti americani in server dedicati situati negli Stati Uniti. L’Amministrazione Biden pare intenzionata a proporre nuove leggi per limitare l’influenza di paesi stranieri (“avversari”, come il dipartimento per il Commercio ha definito la Cina), anche se ha assunto toni più moderati di quella di Trump, che a un certo punto arrivò a proporre la messa in vendita del social network da parte di ByteDance. Quanto al gigante cinese, può essere utile ricordare che TikTok, di fatto, non esiste in Cina, dove invece opera Douyin, l’app sorella. E’ una differenza sostanziale: anche nel rapporto tra i due prodotti appare evidente l’egemonia degli uffici pechinesi. Come rivelato dal sito Insider, infatti, le migliorie e le novità che gli utenti occidentali vedono su TikTok vengono sperimentati prima su Douyin.
Se si vuole vedere come sarà il futuro di TikTok, insomma, bisogna osservare la sua sorella cinese: la gerarchia appare piuttosto chiara. Il capo dei ricercatori di Tracking Exposed, Salvatore Romano, ha spiegato al Washington Post come la “strategia russa” di TikTok sia stata finora brutale ma efficace: gli utenti russi sono di fatto tagliati fuori da quello che fa l’altro miliardo di utenti TikTok. Una bolla social peculiare, in cui verso la fine di marzo i contenuti pro guerra sono tornati a crescere diventando spesso “trending topic”, mentre quelli contro la guerra sono quasi scomparsi dopo il 6 marzo. I creator che nei giorni immediatamente successivi all’invasione avevano espresso critiche, invece, hanno semplicemente smesso di postare: sono rimasti esclusi dalla grande bolla russa di TikTok.