(foto di Ansa)

Prove open source

Gruppi di ricerca stanno raccogliendo sul web tutti i crimini di guerra di Putin

Pietro Minto

Il lavoro di Osint: open source intelligence. Le attività dei gruppi di volontari che analizzano e verificano le prove dei crimini russi e l'andamento del conflitto

Lo Ukrainian legal advisory group (Ulag) è un gruppo fondato nel 2018 in Ucraina con l’obiettivo di raccogliere prove sui crimini di guerra compiuti dalla Russia nel paese. All’epoca erano passati quattro anni dall’invasione della Crimea e la cosiddetta “guerra ibrida” stava colpendo l’est ucraino, oltre che l’infrastruttura digitale ed elettrica della nazione.

 

Nelle ultime settimane le attività di Ulag si sono intensificate, per ovvie ragioni: l’invasione di Putin ha costretto i ricercatori del gruppo a estendere il proprio lavoro al paese intero. Non può farcela da solo, però. E’ nato così un gruppo di volontari sparsi in tutto il mondo che ha preso a cuore la raccolta, analisi e verifica delle prove dei crimini di guerra compiuti dai russi durante il conflitto. Secondo Nadia Volkova, direttrice di Ulag, “questa sarà la prima volta che delle prove raccolte in modo open source saranno usate ampiamente in Corte”.

 

Alla guida del gruppo di circa 50 persone c’è Denys Rabomizo, avvocato ucraino, che coordina un lavoro di archiviazione digitale brutale quanto essenziale. Come racconta Wired, le immagini pubblicate sui social dalle aree che sono state abbandonate dall’esercito russo, come Bucha, e che il team deve visionare e archiviare, sono spesso raccapriccianti. Il rischio che vengano perdute o cancellate è però troppo alto, visto il loro potenziale valore politico e legale. I post provenienti dai social media, infatti, sono diventati “incredibile materiale probatorio”, come ha spiegato Alex Whiting del Tribunale dell’Aia, la sede internazionale che processa questo genere di atrocità. 

 

“Bellingcat”, sito di giornalismo d’inchiesta che sta seguendo molto da vicino questo conflitto, ha anche pubblicato una guida su come scaricare e salvare le informazioni relative alle chat di Telegram, “una delle piattaforme più facilmente archiviabile”, da cui è possibile estrarre sia i contenuti (messaggi, video, foto) che i metadati (le informazioni relative ai contenuti stessi: a che ora sono state scattate, da quale dispositivo, e così via). Tutto questo, precisano quelli di Bellingcat, rende Telegram “un rischio per la privacy degli utenti ma una salvezza per i ricercatori open source”.

 

Per indagine open source si intende una ricerca “a sorgente aperta”, in cui chiunque può partecipare alla fase di raccolta, verifica o analisi delle informazioni. E’ un metodo particolare che ha acquisito sempre più valore negli ultimi anni, diventando essenziale in un conflitto come quello in corso in Ucraina, dove disinformazione e barriere tecnologiche rendono difficile la raccolta di testimonianze dal fronte. Mescolandosi alle dinamiche tipiche dei social network, questo tipo di indagine diventa, soprattutto su Twitter, una missione collettiva in cui ciascun partecipante dibatte ogni informazione, cerca conferme, confronta immagini nuove con quelle in archivio. In un mare popolato di fake news e bot, la Osint (Open source intelligence) si sta rivelando anche un notevole strumento informativo, oltre che fonte di materiale potenzialmente probatorio.

 

Particolarmente attivo, sempre su Twitter, è l’account @Osinttechnical, dedito alla raccolta di foto e video sugli attacchi russi e soprattutto alle perdite militari sofferte dagli invasori. Il suo feed è un torrente di carri armati abbandonati nel fango e video a bassa risoluzione di convogli russi colpiti dagli ucraini. La funzione dell’Osint è duplice: scandagliare il web alla ricerca di contenuti, e verificare che siano originali e provenienti dalle aree interessate (questo tipo di conferma può prevedere anche la geolocalizzazione Gps degli eventi).

 

 

L’intelligence “aperta” dell’Osint è l’altra faccia del lavoro portato avanti, ormai da anni e in modo più ufficiale, da enti come Ulag, un centro che ha scoperto in tempi non sospetti quanto le tracce digitali e “social” lasciate dagli eccidi nel Donbass fossero importanti – e labili. Perché non è sempre vero che ciò che pubblichiamo online è destinato a rimanervi per sempre: alle volte può sparire o essere cancellato, e bisogna intervenire prima che succeda.

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